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Venezia perde la Tassa di Soggiorno con il patto Salvini – Di Maio

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Venezia incamera, euro più, euro meno, una trentina di milioni l’anno dalla Tassa di Soggiorno. Inizialmente adottata nel 2011 per compensare le perdite di entrate che il Casinò di Venezia accusava, la Tassa di Soggiorno diventò via via elemento fondamentale per le povere casse comunali nonostante gravasse (e grava) sul turista in maniera più leggera rispetto ad altre grandi città (es: Roma).

Venezia e tutte le altre mete turistiche che in qualche modo sostengono le amministrazioni grazie a quella tassa potrebbero però trovarsi in difficoltà se la perdessero, e questa possibilità c’è.

Il Contratto per il governo del cambiamento messo a punto da Lega e M5S ne prevede infatti l’abolizione.

Questo da una parte ha fatto esultare tanti operatori turistici, specialmente nel comparto alberghiero. Ma al contempo nei giorni scorsi ha creato grande allarme tra gli enti locali molto spesso boccheggianti.

Preoccupazione dal sindaco di Firenze Dario Nardella (“è un clamoroso autogol”) a quello di Bologna Virginio Merola (“perdiamo 6,1 milioni utilizzati per promuovere la città”), dal primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti (“gravità inaudita”) agli assessore di Milano Filippo Del Corno e di Roma Luca Bergamo.

A rispondere a gran voce oggi il mondo del turismo, che invece da sempre si dice contrario a questa tassa. “Siamo assolutamente d’accordo sull’eliminarla perché così come è impostata è una pistola messa in mano ai sindaci. Grava solo su coloro che soggiornano negli alberghi e non sui turisti “pendolari” che sono il vero problema delle città d’arte” dice il presidente di Federalberghi Bernabò Bocca.

“Il tema – aggiunge – è la finalità del gettito che nella maggior parte dei casi viene utilizzato per finanziare attività che nulla hanno a che fare con il turismo e molte volte serve a coprire i buchi di bilancio del Comune”.

Il presidente di Federalberghi è convinto che sia assolutamente necessario pensare a un altro tipo di tassazione: “Ad esempio a Capri e nelle isole – spiega – c’è la tassa di sbarco che è un tassa più “equa” perché va a colpire tutti, sia quelli che vengono negli alberghi sia quelli che passano la giornata sull’isola”.

Claudio Albonetti, presidente di Assohotel Confesercenti, non esita a definire la tassa di soggiorno una “gabella medievale”: “Eliminarla è la cosa più sensata che un governo dell’area Schengen in regime di libero mercato possa fare. Oltretutto colpiva solamente i visitatori che pernottano negli hotel, e non quelli del mordi e fuggi che hanno senz’altro un’incidenza maggiore sulla sostenibilità del turismo”.

“La tassa di soggiorno – spiega Vittorio Messina presidente di Assoturismo Confesercenti – è una misura che ha sempre sollevato polemiche. Certamente riduce la competitività delle imprese, non piace ai turisti e non è omogenea sul territorio nazionale. E, soprattutto accanto a realtà virtuose che ne hanno usato i proventi per il turismo, come era previsto, ci sono stati troppi comuni che l’hanno adoperata solo per far cassa”.

D’accordo anche Giorgio Palmucci, presidente dell’Associazione Italiana Confindustria Alberghi: “Abbiamo sempre detto che in generale siamo contrari alla tassa di soggiorno, qualora non fosse una tassa di scopo per favorire i servizi ai turisti ma soltanto per coprire dei buchi di bilancio dei Comuni. E poi se deve essere pagata, deve essere pagata da tutti. Quindi sia da chi pernotta in un albergo di fascia alta, sia da coloro che soggiornano in bed and breakfast, case vacanze o Airbnb”.

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. Facile ironia o satira difficile, ma feroce ?

    Ad uno che, come me, ha letto il contratto sociale di Jean Jacques Rousseau risulta facile fare della facile ironia sul contratto tedesco Di Maio-Salvini.
    Si tratta di con-Tatto ( il bacio in bocca fra i due ne è un esempio plastico penetrante) e non già di contratto sociale.
    Satira feroce, pur se difficile ?
    Credo proprio di sì. (senza punto esclamativo)

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