“Per piacere, non dateci la multa se festeggiamo i compleanni dei nostri bambini nei campi veneziani”. Questo l’accorato appello dell’architetto Giovanni Leone e di alcuni residenti, che stavano festeggiando in Campo San Giacomo, una allegra tavolata, tra adulti e tanti bambini che giocavano e il clima era di festa, subito guastata dai vigili che hanno multato la compagnia e rovinato la giornata a grandi e piccoli.
Il fattaccio, passato di bocca in bocca e poi attivo in facebook, non passa inosservato e i veneziani non intendono subirlo, anzi, organizzano un’altra tavolata in campo Santa Margherita, domenica alle 13.00, per ribadire alcuni concetti che appartengono a quel vasto campo di diritti negati inflitti ai cittadini.
Ben si sa che il turismo e le sue diramazioni prevaricano ogni logica e semplice umana aspirazione, quale il poter vivere e lavorare a Venezia, si sa che non toccano quota 55mila i residenti, che tante volte hanno manifestato per strada con la valigia in mano e la speranza di essere “Visti”, di uscire dal modo dell’invisibile.
Perché sanzionare una festa in campo, una tavolata, perché togliere questo piccolo diritto alla città e ai veneziani di poter godere di alcune ore “per strada”, nei loro campi, con la sensazione di essere anche loro, i veneziani, cittadini a tutto diritto?
La multa in fondo, non fa che registrare la distanza che anima la visione di Venezia, è una mortificazione verso chi cerca di restituire un po’ di storia, di tradizione, di ricerca nella propria città di spazi e luoghi vivibili che non disturbano nessuno, anzi aprono ad una socialità auspicata in un territorio deputato al turismo in ogni suo masegno.
Sullo sfondo dell’episodio di San Giacomo, forse qualche incomprensione, e persino fraintendimento, ma nella sostanza, se è vero che sono necessari i permessi per le tavolate spontanee per occupazione di suolo pubblico, è altrettanto vero che la multa sancisce l’incompatibilità e la mancanza di dialogo.
In fondo i veneziani chiedevano una collaborazione e persino una condivisione per una iniziativa che in altri tempi non avrebbe destato stupore nè sanzioni. I veneziani mangiavano spesso fuori, tavolate nelle calli e nei campi, perché non rispettarne la tradizione e valorizzarla?
Andreina Corso
(foto di repertorio)
No di certo, signor Maurizio, non è una questione di discriminazione, ci mancherebbe altro. Ho solo riportato lo stato d’animo di chi viene multato per aver occupato un pezzo di campo, per un festeggiamento, il diritto, come il dovere, è uguale per tutti.
Ho voluto esprimere lo stato d’animo di “quei “veneziani e insieme raccontare il malessere che questa città vive, ma non certo per colpa delle persone che veneziane non sono, ma dell’uso di Venezia, tenendo presente che l’accoglienza è prioritaria per chiunque ami questa città e crede nel valore dell’incontro tra i popoli.
Se la tavolata non fosse stata “veneziana” , secondo l’autrice dell’articolo, era giusto multarla? Riformulo la domanda: solo i veneziani, secondo l’autrice, avrebbero la possibilita’ di organizzare le tavolate in campi e campielli senza le necessarie autorizzazioni o tale liberta’ sarebbe consentita a chiunque?
Geniale, visto che proprio domenica c’è un enorme manifestazione proaccoglienza che parte alle 14 dalla ferrovia …