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Primario sfregiato con l’acido, è stato un rivale. Aveva perso la testa per un’infermiera

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Stefano Tondi, primario di Cardiologia, aggredito con l'acido con un giocattolo

Stefano Tondi, sfregiato mentre rientrava a casa sua la sera del 10 novembre con l’acido spruzzato da un fucile ad acqua, è caduto in un’aggressione che ha per movente il più antico: gelosia per una donna.
Gelosia e desiderio di vendetta per una donna perduta in favore del rivale, sono state le motivazioni capaci di scatenare ferocia.

L’infermiera era diventata la sua ossessione. E quando lei gli ha preferito il dottor Stefano Tondi lui ha perso la testa e lo scorso 10 novembre lo ha atteso sotto casa e gli ha prima sparato una sostanza acida sul volto con un fucile di plastica, accecandolo, poi l’ha inseguito con un bastone. Solo l’intervento del figlio Michele, allarmato dall’improvviso trambusto, ha evitato il peggio a Tondi, vedovo sessantenne primario di cardiologia all’ospedale di Baggiovara.

Complimenti al capo della Procura Lucia Musti e al comandante del reparto operativo dei carabinieri di Modena Domenico Cristaldi che sono arrivati in poco tempo alla risposta del rebus. I funzionari sono certi che l’aggressore sia lui: Daniele, 59 anni, due figli, un lavoro importante al Dipartimento sanitario di Sassuolo, incensurato. Il movente, una feroce gelosia che lo aveva accecato. L’uomo è stato fermato ieri mattina e portato in carcere.

“La solita storia del ‘cherchez la femme'”, per riassumerla con il procuratore di Modena Lucia Musti. Il mistero, dopo 40 giorni di indagini dei Carabinieri del reparto operativo, ha trovato una soluzione nel fermo disposto dalla Procura per l’ex della donna che da agosto ha una relazione sentimentale con il medico 60enne, primario di Cardiologia all’ospedale Baggiovara.

L’aggressore è ora accusato di tentato omicidio e lesioni personali aggravate nei confronti di Tondi e del figlio Michele, anche lui colpito con la sostanza corrosiva quando era intervenuto in soccorso del padre. Del provvedimento è stata data notizia in ospedale alla vittima, tutt’ora ricoverata, dal prefetto di Modena e dal comandante provinciale dell’Arma.

Al presunto colpevole gli investigatori sono arrivati dopo aver setacciato più piste, con un lavoro imponente fatto di audizioni di testimoni, intercettazioni, controllo dei tabulati e altri accertamenti tecnici che hanno alla fine costruito un quadro di indizi considerato forte a carico dell’aggressore, confermato anche dal Dna: “la ciliegina sulla torta”, ha detto il procuratore.

Sul bastone impugnato insieme all’arma giocattolo dall’aggressore a Vignola, dove si trova la casa del medico, sono state isolate due tracce dai Ris: una è risultata compatibile con il figlio Michele, la seconda sembra invece incastrare il collega innamorato dell’infermiera, al quale nei giorni scorsi era stato prelevato un campione per il raffronto, a quanto pare da una tazzina o da un bicchiere utilizzato in un bar.

Tra le aggravanti contestate dal procuratore Musti e dal Pm Enrico Stefani c’è la premeditazione: l’aggressore avrebbe fatto un sopralluogo per ‘fare le prove’ il 3 novembre, fingendo di avvicinare la vittima per rapinarla, anche per testare la sua reazione.

Il medico, che non lo conosceva, riuscì a guadagnare l’ingresso di casa e a mettersi in salvo. Il 10, invece, l’agguato ebbe un esito diverso: l’aggressore attese il primario nel tragitto tra il garage e la porta e gli spruzzò la sostanza sul volto e sugli occhi, con il risultato di causare al ‘rivale’, seppur ora in miglioramento, un indebolimento permanente della vista. Poi lo inseguì col bastone.
Per ‘finirlo’: secondo chi indaga senza l’intervento del figlio sarebbe stato un omicidio.

Un delitto passionale, gesto iniziato nella mente dell’innamorato deluso il 26 ottobre quando ha saputo dalla stessa donna, che conosceva da vent’anni, e con cui si era ritrovato dopo matrimoni falliti per entrambi, della nuova relazione di lei con Tondi.

Prima ci sarebbero stati pedinamenti e osservazioni della coppia, poi due telefonate a casa del primario. Poi, in un crescendo, la finta rapina e infine l’assalto con la pistola caricata con l’acido. Ora sul fermo e sulle prove raccolte dovrà pronunciarsi un giudice.

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