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Separazione Venezia – Mestre: come finirà il braccio di ferro Brugnaro – Regione?

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Separazione Venezia - Mestre, verso il quinto referendum
Il Sindaco Luigi Brugnaro impugnerà la delibera regionale che ha approvato lo scorso febbraio il referendum consultivo sulla separazione Venezia – Mestre, il quinto, in ordine temporale, dal 1979 al 2003, che sempre ha riscontrato risultati contrari alla divisione dei due Comuni.

Anche La Città Metropolitana afferma la necessità di questa scelta e affiderà, il prossimo 5 Aprile al Sindaco, tramite delibera consiliare, l’onere di attivarsi, attraverso le istituzioni dipartimentali competenti, affinché siano riconosciuti i motivi di contraddizione insiti nella filosofia referendaria separatista della Regione, sostenuta con convincimento da Lega e Movimento a 5 stelle.

La “questione” sarà affidata dallo stesso Sindaco, al prof. Giandomenico Falcon, emerito costituzionalista, molto stimato per i suoi studi relativi al diritto pubblico e alla giurisprudenza. Non si esclude il ricorso alla Corte costituzionale, se le accezioni rilevate, non trovassero accoglienza e risposta istituzionale.

Non va sottovalutata la struttura normativa de Le città metropolitane, emanate dalla legge Delrio, che stabilisce l’elezione di Sindaco e Consiglio tramite consultazione elettorale, a condizione che il comune capoluogo sia frazionato in più comuni.

Data per certa l’argomentata contrarietà del Sindaco Luigi Brugnaro, la specificità veneziana mostra la complessità del percorso che si trova a intraprendere, essendo l’espressione di un unico Comune.

L’accademica prof.ssa Adriana Vigneri in merito, considera “La legge statale che ha costituito le città metropolitane – e solo la legge statale è competente a disciplinarle – ha previsto la possibilità che il Comune capoluogo si scinda in più comuni minori, ma con una procedura diversa da quella con cui le regioni possono modificare i confini comunali (ai sensi dell’art. 133 Cost.).”

“Dal momento della nascita della Città metropolitana in poi, la regione Veneto continua a poter disporre autonomamente in materia di confini comunali, ma non dentro il perimetro della città metropolitana. La forma di governo “normale” delle città metropolitane, con il sindaco della CM che coincide con il sindaco del comune capoluogo, in ragione del suo peso e dimensione e ruolo, rende evidente che il comune capoluogo è immodificabile. Ovvero non è più modificabile per effetto dell’esercizio dell’ordinaria competenza regionale a creare nuovi comuni. Farlo significa violare direttamente una legge ordinaria, la legge Delrio, e indirettamente la norma costituzionale che rende necessarie le città metropolitane”.

Un bel bisticcio tra Stato, Comune, verso la Regione che sembra volersi attribuire liberamente le modalità dell’iniziativa separatista. D’altra parte Brugnaro ha da sempre manifestato la sua contrarietà al referendum, e non la vuole affossare La città metropolitana, sulla quale ha tanto investito elettoralmente e politicamente.

Sulla scia dei ragionamenti attinenti alla partecipazione democratica, si delineano i comportamenti dei favorevoli e degli oppositori al referendum, che avrebbe già dato sentenza, attraverso quattro consultazioni del suo rifiuto alla separazione del Comune.

Il prof. Massimo Cacciari, fin dal 1993, da quando è stato eletto sindaco di Venezia, si è dichiarato contrario alla separazione.”Sia chiaro”, ha affermato “quello che non mi piace non è l’ idea dell’ autonomia amministrativa dei centri ma la separazione secca, pura e semplice che il referendum propone. Le posso elencare uno per uno i motivi della mia avversione: separare Venezia da Mestre, così come si vuole fare, significherebbe dire addio a una pianificazione seria, intelligente e tempestiva all’ interno del bacino lagunare. Verrebbe a mancare l’ autorità politica che sovrintende, non ci sarebbe più una figura che decida sui problemi con visione omogenea, unitaria: un fatto gravissimo. E penso anche al declassamento dei servizi sull’ intero territorio dal punto di vista tecnico e formale. Faccio un solo esempio: i segretari generali, i vertici della burocrazia, non potrebbero essere più quelli attribuiti a una grande città come Venezia, passerebbero dalla serie A alla serie B. Penso anche, in questo clima, all’ assurda moltiplicazione dei pani e dei pesci, degli assessori e dei sindaci…”. Da “allora” sono passati ventiquattro anni.

Non mancano le osservazioni nel merito di chi, come il Partito democratico, riunito in una speciale assemblea coordinata dalla segretaria comunale Maria Teresa Menotto, ha cercato di approfondire. “A fronte di una profonda modifica dello stato sociale, accentrata sull’aumento dei problemi vissuti nel territorio veneziano, che mostrano contraddizioni e contesti che non si possono ignorare, in primis il rapporto fra città e turismo, casa e residenza, si riscontra che i poteri della Città Metropolitana sono insufficienti ad affrontare problemi enormi”.

E l’assemblea si è riservata di approfondire ulteriormente gli aspetti economici e strutturali della città d’acqua e di terra, per compararli, comprenderne le dinamiche e gli investimenti, con un occhio attento alla stessa storia della città, alle sue esigenze culturali ed umane.

Andreina Corso

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