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Scritte sataniste sulla chiesetta dell’ex Ospedale Al Mare

Degrado, abbandono e, come se non bastasse, è comparsa una scritta che inneggia al demonio, assieme ad altri graffiti e disegni. Un atto ancor più grave se si considera che la chiesa non è mai stata sconsacrata

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Degrado, abbandono e, come se non bastasse, è comparsa una scritta che inneggia al demonio, assieme ad altri graffiti e disegni. Un atto ancor più grave se si considera che la chiesa non è mai stata sconsacrata.

Lancia così un appello don Giancarlo Iannotta per quella chiesetta imprigionata nel cantiere del’ex Ospedale al Mare del Lido. Vittima (anche lei) di anni e anni di degrado e di abbandono, delle piogge e del vento e ora sfregiata da svastiche e scritte sataniche deliranti.

La profanazione di quel tempio caro ai lidensi si è ampiamente avverata, eppure, non essendo mai stata sconsacrata, la chiesetta è ancora considerata luogo di liturgia che il Patriarcato ha dato in custodia alla parrocchia di San Nicolò.

Anche facendo i salti mortali, il parroco non ce la fa ad assolvere il compito di proteggerla; dentro il cantiere, dove presumibilmente inizieranno presto i lavori di restauro, non si può entrare e tutta l’area si presta così a intrusioni di ogni tipo, che un posto desolato richiama. Gli effetti sono anche i saccheggi, le svastiche, i disegni e le frasi offensive che sembrano completare il quadro di un ambiente dimenticato.

I lidensi non hanno scordato padre Renato Ellero, l’amato cappellano della chiesetta di Santa Maria Nascente dell’ex ospedale, né la spiritualità del luogo, che quando ‘viveva’ era un punto di riferimento importante per i pazienti, gli abitanti e non solo.

Don Iannotta chiede che qualcuno si assuma la responsabilità di questo stato di cose, lui, con la sua comunità pastorale ha cercato di mantenerla in vita negli ultimi anni, ma ora, essendo stata dichiarata area di cantiere, ha dovuto abbandonarla al suo destino, interrogandosi su responsabilità e tutela e appellandosi alla necessità che quel luogo spettrale non si rassegni all’oblio.

Andreina Corso

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