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Scheletri di Piazza San Marco: forse amanti della servitù del Doge

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Scheletri di Piazza San Marco: forse amanti della servitù del Doge

Due scheletri abbracciati “rivedono” la luce grazie ai lavori in corso a San Marco. La notizia, ripresa da tutte le agenzie e testate, si deve al Gazzettino in edicola ieri, mercoledì.

Venezia terra di storie e leggende, come testimonia anche l’immaginario collettivo. Ad esempio attraverso i film come “Indiana Jones e l’Ultima Crociata” dove Indy trova un passaggio segreto che conduce a tombe e scheletri segreti nascosti sotto una chiesa (foto), oppure come “Inferno” dove Tom Hanks insegue in Piazza San Marco una traccia della Venezia del doge Enrico Dandolo proprio nella Basilica.

In realtà, la scoperta e il mistero dei due scheletri sotto i masegni di piazza San Marco, calpestati ogni giorno da migliaia di turisti, si devono molto pragmaticamente ad un cantiere davanti all’ingresso della Basilica.

I resti apparterrebbero ad un uomo e ad una donna, forse risalenti a più di mille anni fa, sepolti assieme. L’esatta datazione non c’è ancora, ma potrebbe portare al Medioevo, stando ai tipi di terreni in cui le salme si trovavano.

Tutto grazie ai cantieri del progetto che metterà all’asciutto l’ingresso della Basilica e i suoi mosaici, intaccati più volte l’anno dall’acqua alta, ma anche dai semplici rialzi di marea. E’ infatti l’area più bassa di Venezia, appena 65 centimetri sul livello del mare: finisce sott’acqua almeno 200 volte l’anno, per un totale di oltre 900 ore. Anche il sistema ‘Mose’ non influirebbe, perché le sue paratoie si alzeranno con soglie di marea molto maggiori.

Nei giorni scorsi, a cantiere già avviato, sono iniziate come previsto le prospezioni archeologiche, per capire cosa potesse trovarsi nel sottosuolo. E ad alcuni metri di profondità gli archeologi hanno individuato la doppia sepoltura: un uomo e una donna, ovviamente sconosciuti.

I resti sarebbero in buone condizioni. Le salme riposavano davanti alla parete sud della Basilica, vicino alla Porta della Carta di Palazzo Ducale e a pochi metri dal campanile.

Fatti gli accertamenti sul sito, le ossa sono state prelevate e consegnate alla Soprintendenza archeologica, che dovrà studiarle per svelare qualcosa in più sui resti.

Per adesso sui due scheletri solo ipotesi: potrebbero essere stati sepolti addirittura antecedentemente all’edificazione della prima chiesa dedicata a San Marco, costruita nell’828 per ospitare le reliquie del patrono di Venezia, o appartenere a personale della servitù che aveva lavorato nel vicino castello del Doge, poi Palazzo Ducale; non è escluso, infine, si possa trattare di veneziani patrizi morti nella terribile pestilenza di Venezia nel 1348.

I cantieri per la messa in sicurezza della Basilica sono stati sospesi solo il tempo necessario al recupero dei due scheletri, poi sono ripresi.

“Le verifiche archeologiche in aree sensibili come questa, prima di un cantiere, sono previste per legge, non abbiamo fatto nulla di eccezionale. Abbiamo solo lavorato in modo corretto” spiega il Procuratore della Basilica, l’ingegnere Pierpaolo Campostrini.

Il progetto della Procuratoria, fatto proprio dalla Soprintendenza e dal Provveditorato ai lavori pubblici (l’ex Magistrato alle Acque), è stato affidato al Consorzio Venezia Nuova, ‘braccio operativo’ del Provveditorato, e da questo al gruppo Tethis.

Si tratta di un cantiere tutto sommato ‘semplice’ rispetto ai faraonici lavori anti-acqua alta per la salvaguardia della città. Consiste nell’isolare con valvole i canali di uscita dell’acqua, che portano all’interno della Basilica il flusso dei tombini esterni.

Verrà così interrotta la continuità idraulica bi-direzionale, che ora esiste tra l’acqua del bacino e il nartece di San Marco. I lavori dovrebbero concludersi prima della fine del 2018.

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