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‘Prisoners’ al cinema, il tema della pedofilia con un ritmo che non imprigiona. Di Sara Prian

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Un po’ Mystic River di Clint Eastwood un po’ un film alla Nicolas Cage. Questo è “Prisoners” il nuovo thriller, drammaticamente reale, di Denis Villeneuve che affronta il tema della pedofilia in maniera tesa ed estenuante, richiando però di dilatare troppo i tempi a discapito del ritmo.

Durante il giorno del ringraziamento Anna (Erin Gerasimovich) e Joey (Zoe Borde) scompaiono dal nulla mentre si trovano fuori a giocare. Inizia così una disperata corsa contro il tempo per ritrovarle dove uno dei genitori Keller (Hugh Jackman) non fidandosi della polizia capitanata dal detective Loki (Jake Gyllenhaal), decide di farsi giustiza da solo.

Quando nel 2009 F.Gary Gray uscì con il “Giustizia privata”, molte furono le discussioni tra il pubblico se il comportamento tenuto dal personaggio di Gerard Butler, privato della propria famiglia uccisa a sangue freddo, fosse corretto oppure no. Lo stesso dibattito lo si potrebbe aprire qui, con il comportamento di Keller verso quello che lui pensa sia il rapitore delle proprie bambine e il suo atteggiamento nei confronti della polizia.

Ad affiancare questa complessa tematica, ne troviamo un’altra ancora più complessa e reale come quella della sparizione dei bambini. Argomento questo di sicuro appiglio verso il pubblico che si trova in un costante stato di tensione e a domandarsi se sia giusto il percorso intrapreso da Keller di uomo d’azione, o quello dell’altra famiglia, più succube, meno forte e che si affida nelle mani della polizia.
Prigionieri sono i protagonisti, ma anche il pubblico che si trova in questa sorta di gabbia grigia, senza luce, plumbea come il cielo di Boston. Nessuno può uscire dallo stile registico che Villeneuve prepara, perché dovunque ci si gira c’è sempre un tema, una paura da affrontare e con il quale trovarsi faccia a faccia. A prendere respiro, però, ci si riesce ed è grazie ad un ritmo troppo lento da quello che dovrebbe invece essere.

“Prisoners” è, infatti, una pellicola dalle potenzialità enormi, ma che si perde durante il proseguo del film. L’eccessiva durata, infatti, non permette di mantenere un ritmo serrato, di far trattenere il fiato allo spettatore che, mentre continua ad essere sconvolto sia per il mondo della pedofilia sia per la violenza gratuita di alcune scene, si perde in dettagli e personaggi futili.

Tranne Keller/Hugh Jackman, il resto degli elementi famigliari risultano pressoché inutili: Viola Davis non riesce ad incidere come dovrebbe, il personaggio di Terrence Howard è poco approfondito e poi c’è la piangente Maria Bello, inquadrata solo per versare le consuete lacrime.

Un polpettone farcito di grandi attori, tra le quali spicca il poco sfruttato Paul Dano, ma che non riesce nell’intento di mantenere alta la tensione, in una struttura registica serrata, de saturata e a tratti claustrofobica, che non trova un altrettanto buona sceneggiatura a sorreggerla.

Sara Prian

[10/11/2013]

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