C’era un tempo non lontano che l’Istituzione Centro Previsioni e Segnalazione Maree, garantiva alla città notizie precise, avvertimenti mirati, sirene pertinenti che annunciavano con puntualità la comparsa dell’alta marea.
Certo, l’acqua poi arrivava e rispondeva più al vento, alla pioggia, che alle previsioni. Anche il famoso “sei ore cala, sei ore scende” giocava con la disubbidienza delle lancette dell’orologio. . . e il vento di scirocco che arrivava con i tempi suoi.
Ora quel Centro è stato derubricato in Ufficio e a rimpiangere l’efficienza di quel sistema è la città nel suo insieme, che poteva contare sulla validità organizzativa del Centro.
E i veneziani da anni dicono, colpa del Mose, delle Grandi Navi, che sconquassano la laguna e rimediano come possono, i negozianti alzano la merce dagli scaffali bassi a quelli alti, in attesa che l’acqua torni al suo posto, poi il lavoro faticoso di lavare tutto, sperando in tempi migliori.
Novembre è il mese complice dell’alta marea, dopo quella storica del ’66, caposcuola delle tante, successive, che ogni anno creano disagio e preoccupazione. Con gli stivali sempre visibili e a portata di mano, i veneziani sanno che l’acqua può toccare i masegni, entrare nelle loro case in ogni mese dell’anno e si arrangiano come possono, mortificati dall’incolpevole resa.
La polemica di questi giorni riguarda le previsioni sbagliate sulla marea (in poche ore è suonata la sirena di primo livello, 110 centimetri, corretta a una massima di 127), provocando danni, smarrimento e apprensione nella popolazione.
Tutta la città, dall’Area Marciana a Dorsoduro, da Castello a Cannaregio ha vissuto amaramente queste giornate: intonaci dei palazzi a rischio, Palazzo Grimani con la cabina elettrica danneggiata provocando la chiusura del museo.
Quei 12, 15 centimetri non previsti sono importantissimi nell’economia e nelle forze residue dei negozianti, che devono far fronte all’emergenza, alzarsi di notte, se necessario e alzare tutto dal pavimento. Innumerevoli e scontate le lamentele del giorno dopo, le critiche e le lamentele.
Singolare il racconto del proprietario di una bancarella a piazzale Roma “ in un attimo sono stato circondato dall’acqua, mi ero tolto già gli stivali, pensando che non arrivasse e non mi è rimasto che salire sopra due scatoloni e aspettare che scendesse.” Anche lui da’ la colpa al Mose, che ha ridotto “la laguna in catino”.
La vulnerabilità di Venezia si accentua con l’alta marea e da troppi anni si fa appello al proseguimento di studi dei fenomeni per consentire un’informazione preventiva, ma per queste e altre azioni, già in essere, grazie alla professionalità di chi lavora ‘in trincea’ all’Ufficio Maree, è necessario fornire le strumentazioni idonee, sempre promesse ma ancora lontane.
Andreina Corso
Sono le persone incapaci non c’entra il MOSE.