Il Ponte di Calatrava ancora alla luce delle cronache fra costi, imprese e rivendicazioni.
E’ la volta dell’impresa Cignoni, l’azienda edile vincitrice dell’appalto per la realizzazione del Ponte, che adduce un credito di 11 milioni nei confronti del Comune di Venezia e che nonostante il Tribunale nel primo grado di giudizio abbia determinato in 33mila euro il dovuto, l’impresa non si è rassegnata e il Commissario della Cignoni ha impugnato la sentenza in appello.
Il Comune dal canto suo, che negli anni precedenti aveva lamentato l’aumento enorme dei costi in fase esecutiva e i ritardi dei tempi di consegna, si costituirà nuovamente a giudizio.
L’impresa Cignoni ha assunto questa decisione perché deve pagare i creditori, ma sul suo domani e sugli effetti della vertenza pesa la perizia dell’ingegner Armando Mammino, che nel ricercare le cause degli aumenti dei costi, ha evidenziato errori nella progettualità, con accenti precisi al suolo, che essendo fangoso è stato giudicato inadatto alla portata della costruzione stessa.
E qui si apre un delicato dilemma su chi operava e chi doveva controllare, sull’analisi dei lavori eseguiti e sulle modifiche delle fondazioni, che nel tempo hanno cambiato la loro forma e non ultimo il problema delle arcate e del peso effettivo della costruzione.
L’ingegner Mammino aveva imputato precise responsabilità al Comune, per aver affidato l’opera del Ponte della Costituzione nelle mani di una impresa, la Cignoni, che aveva costruito nella sua esperienza, solo ponti stradali. Pur con qualche tentativo di modifica durante i lavori, con interventi affidati dall’impresa stessa alla carpenteria meccanica Lorenzon, che ha contribuito allo studio e al rifacimento dei progetti preliminari,
resta viva ed emerge la complessità dei giudizi, nel bene e nel male, che hanno investito la realizzazione dell’opera più discussa degli ultimi anni.
Andreina Corso