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Perché Vanna uccisa dal marito se aveva fatto tutto quello che doveva?

Un altro caso di femminicidio, un termine che racchiude la disperazione di tanti casi, ma anche le infinite parole di esperti e commentatori che raccomandano i comportamenti da tenere in questi casi. Ma Vanna Meggiolaro aveva fatto tutto quello che doveva...

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Perché Vanna è stata uccisa dal marito se aveva fatto tutto quello che doveva?

Vanna Meggiolaro è stata uccisa dal marito che ha lanciato consapevolmente l’auto sotto le ruote di un tir. Sono morti entrambi, ma così il piano di lui si è concretizzato, perché gliel’aveva giurata.
Inutili le denunce, le segnalazioni, le richieste di aiuto da parte della donna. Perché Vanna è morta se aveva seguito tutte le procedure previste per l’esistenza di un marito violento e aggressivo da cui si stava separando? Perché lo Stato, le istituzioni, le associazioni, non sono state in grado di proteggerla?

C’erano le denunce, le scenate e le minacce ad alta voce che tutti sentivano. C’erano stati sequestri di coltelli e persino aggressioni ai vicini di casa. Da anni lei denunciava i soprusi dell’uomo, eppure il gip di Vicenza, Massimo Gerace, il 15 marzo 2016 ha rigettato la richiesta dell’allontanamento di Facchin dalla moglie e dalla figlia Sara, 24 anni, presentata dal pm Alessia La Placa.
Ma l’atteggiamento di Facchin era noto a tutti, anche ai carabinieri. Lui alla moglie ripeteva: «Te la farò pagare tutta la vita, fino a che morte non ci separi». Il 24 ottobre 2012 aveva minacciato con un coltello i suoceri, vicini di casa, con i quali non correva buon sangue. «Vi scanno tutti», aveva gridato a Graziano Meggiolaro e a Bianca Lovato.

Allora perché non si è fatto nulla per evitare la morte annunciata di Vanna Meggiolaro, la 50enne di Gambellara rimasta uccisa martedì nello schianto dell’auto lanciata a tutta velocità dal marito Antonio Facchin, 54, contro un tir?

La cronaca delle ultime ore di Vanna è straziante. Appena ha visto aumentare la velocità della macchina e riconosciuto il tipo di guida ha capito che quella corsa sull’auto guidata dal marito sarebbe finita in tragedia, quindi è riuscita a fare un’ultima telefonata, per chiedere aiuto: “mi ammazza, questo vuole che ci ammazziamo…!”. Aveva ragione. Ancora una volta, come quando chiedeva aiuto in precedenza.

Vanna Meggiolaro, 50enne vicentina, è morta poco dopo nello schianto tra l’auto su cui si trovava ed un camion,
provocato intenzionalmente dal marito, Antonio Facchin, 54 anni. L’uomo che aveva già denunciato per maltrattamenti in famiglia, e dal quale la donna, con difficoltà, si stava separando.

“La signora ha tentato un contatto telefonico – spiega il Procuratore di Vicenza, Antonio Cappelleri, senza svelare chi stesse chiamando – durante quell’ultima corsa in auto con il coniuge”. Una telefonata disperata, “…vuole che ci ammazziamo”, che ha lasciato pochi dubbi ai Carabinieri e agli inquirenti sulle vere intenzioni di Facchin: omicidio-suicidio, per mettere fine allo sfascio di una famiglia al quale lui, artigiano edile, facile all’ira, non
voleva rassegnarsi.

I due, una figlia di 24 anni, erano insieme da 25 anni. Ma le cose da tempo non andavano bene. Liti continue, urla. Nonostante la situazione difficile, negli ultimi giorni le cose sembravano essersi sistemate. L’avv. Zuin spiega: “la causa di separazione da giudiziale si sarebbe trasformata in consensuale, l’udienza era prevista proprio oggi”. Marito e moglie avevano trovato l’accordo sulla separazione dei beni; Facchin si era trasferito in un altro alloggio, consentendo alla compagna di rientrare nelle casa familiare. Certo non tutto filava liscio. Sull’uomo pendeva ancora la denuncia per maltrattamenti in famiglia presentata da Vanna. Ma anche qui era stato trovato l’accordo con il Pm: fra una decina di giorni Facchin si sarebbe presentato per patteggiare. Non che fosse il primo intoppo con la giustizia per l’artigiano facile agli scatti d’ira. Nel febbraio 2016, in avvio della separazione, si era presentato nello studio della legale della moglie con una pistola finta (ma senza tappo rosso).

Un rancore che evidentemente non aveva smesso di covare dentro di lui. Così martedì pomeriggio la figlia e i familiari della coppia si sono preoccupati quando hanno capito che la donna non rispondeva al cellulare. Quando i carabinieri li hanno contattati, chiedendogli di arrivare in caserma, hanno subito pensato al peggio. Antonio, alla guida della ‘Nissan’ Micra sulla quale sedeva anche Vanna, aveva probabilmente tutto in testa. Quando ha visto sul rettilineo quel camion arrivare dalla parte opposta ha sterzato, o forse ha lasciato andare la macchina: nessun segno di frenata, un botto tremendo, l’arrivo dei soccorritori.

Per Vanna, uccisa dal coniuge, e Antonio, suicidatosi nello stesso gesto, non c’era più nulla da fare.
Recuperati i cellulari, e le ultime chiamate, il quadro si è fatto chiaro per i magistrati. Un fascicolo aperto per omicidio volontario, e subito chiuso, per morte del reo.

Mario Nascimbeni

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