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Pensioni nella crisi. La sentenza 30 aprile 2015 n. 70 della Corte Costituzionale

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Negli ultimi mesi i media hanno concesso grande spazio alla sentenza 30 aprile 2015 n. 70 della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale una disposizione normativa che bloccava la rivalutazione automatica dei trattamenti previdenziali, generando numerose aspettative e una generale sensazione di ottimismo tra i pensionati.

Ma vediamo cosa stabilisce tale pronuncia, quali sono le sue conseguenze e i possibili «colpi di coda» del Legislatore, il quale, lo diciamo fin d’ora, si sta machiavellicamente attrezzando per ridurre significativamente l’ammontare delle somme che andranno restituite.

L’art. 24, comma 25, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevedeva che «In considerazione della contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, secondo il meccanismo stabilito dall’art. 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è riconosciuta, per gli anni 2012 e 2013, esclusivamente ai trattamenti pensionistici di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento».

Questo significava, tradotto in un linguaggio più accessibile, che chi percepiva trattamenti previdenziali sopra il limite di tre volte il trattamento minimo INPS (equivalente a Euro 1.405.05 con riferimento al 2012) non aveva diritto alle rivalutazioni annuali automatiche (perequazione) per gli anni 2012 e 2013, mentre ai titolari di pensioni sotto tale soglia veniva riconosciuta la rivalutazione integrale.

La Corte Costituzionale, con la sentenza 30 aprile 2015 n. 70, ha dichiarato incostituzionale tale disposizione normativa, siccome lede il diritto alla pensione quale retribuzione differita proporzionale alla qualità e quantità del lavoro prestato in passato, il cui potere d’acquisto va difeso nei confronti dell’inflazione. Dunque, oggi almeno teoricamente, chi percepisce una pensione superiore a tre volte il minimo INPS avrebbe diritto di chiedere la rivalutazione integrale della pensione per gli anni 2012 e 2013. Ma non sarà così facile…

Infatti, moltissimi cittadini e pensionati ignorano il fatto che il Governo ha recentemente approvato il Decreto Legge 21 maggio 2015, n. 65. Tale provvedimento normativo, al momento non ancora convertito in Legge, riduce significativamente la percentuale di rivalutazione automatica del trattamento previdenziale spettante ai pensionati per gli anni 2012 e 2013 proprio per contenere gli effetti che la sentenza della Consulta esercita sul bilancio dello Stato.

E’ opportuno, dunque, domandarsi fin da ora se tale Decreto, qualora dovesse essere convertito in Legge nei prossimi giorni, costituisca una vera e propria elusione del giudicato costituzionale in danno di milioni di pensionati. Se il Legislatore non muterà indirizzo, sarà altamente probabile una nuova ondata di ricorsi alla Corte Costituzionale.

Un’opera aggiornata che analizza tali problematiche con un linguaggio accessibile anche ai non addetti ai lavori è stata pubblicata dagli avvocati Fabio Petracci e Gianluca Teat (per Keyeditore) nei giorni scorsi (Corte Costituzionale Retribuzioni e Pensioni nella crisi. La sentenza 30 aprile 2015 n. 70).
Lo scritto si sofferma, in particolare, sui possibili rimedi amministrativi e giurisdizionali spettanti ai pensionati.

Altre informazioni ai link:

Corte costituzionale, retribuzioni e pensioni nella crisi. La sentenza 30 aprile 2015, n. 70

Oppure sull’argomento, è possibile contattare direttamente gli autori.
E-mail: gt.teat@gmail.com
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Avv. Gianluca Teat

10/07/2015

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