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Ombre, la raccolta di romanzi ispirati ad Edward Hopper

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A volte leggere un’antologia di racconti potrebbe essere un’arma a doppio taglio. Da una parte c’è la comodità di prendere in mano il libro quando si vuole e leggere un racconto a caso, dall’altra però ci si potrebbe trovare davanti a racconti che sul più bello si interrompono, lasciandoci frustrati davanti alla mancanza di un romanzo completo.

Ma cosa succede se a fare un’antologia di racconti ci si mettono i più grandi scrittori contemporanei come Stephen King, Lee Child, Micheal Connelly, Jeffrey Deaver, solo per citarne alcuni? Esce Ombre (Einaudi, 2017) con delle storie ispirate ai dipinti di Edward Hopper.
Il diner piú famoso d’America, con la sua vetrata piena di luce contro il buio della notte. Una sigaretta fumata di fronte a una finestra aperta, lasciando che il sole penetri nelle ossa. Una coppia separata da una noia invincibile. Un cinema mezzo vuoto dove una donna aspetta l’uomo che ama. Edward Hopper immortalava frammenti di vita invitando chi guarda a immaginare il resto. Gli autori di questa antologia hanno dato loro respiro e ne è uscita una raccolta di testi – noir ma non solo – pieni di grazia e realismo, in cui a prendere corpo sono i personaggi dei dipinti.
Immaginatevi di essere una mosca, un voyeur invisibile che può volare di casa in casa, di scena in scena, senza farsi vedere, ma captando uno sprazzo di vita delle persone. Uno sguardo attento, capace di raccogliere elementi e raccontarci una storia. Ora immaginatevi di trovarvi in una galleria d’arte qualsiasi a contemplare un quadro raffigurante delle persone o delle scene. La vostra mente, in automatico, crea un racconto, perché i quadri sono stati il primo cinema a disposizione dell’essere umano.

Unite queste due cose e capirete la potenza e la bellezza di una raccolta come Ombre, che ci fornisce, dalle penne più interessanti d’America, una parabola sul nuovo mondo intensa e a 360°. Il pittore suggerisce quello che la mente poi crea e forma e questi sono racconti alcuni spiazzanti, altri destabilizzanti, altri malinconici e fantastici. E ti immergi in ognuno profondamente, ognuno ti regala qualcosa e ti lascia al momento giusto, dandoti esattamente la lunghezza di cui avevi bisogno.

Solo per darvi un assaggio Stephen King regala il racconto più breve, ispirato a “La Stanza della Musica”, ma che fa tremare le mani. E ancora dopo tutto questo tempo ci si riesce a meravigliare di come in poco meno di 10 pagine riesca a destabilizzare il lettore, lasciandolo con un brivido lungo la schiena.

Ma ognuna di queste storie è talmente strutturata bene, scritta meravigliosamente da creare una di quelle rare antologie imperdibili, dove ogni parola è superflua e dove l’interdisciplinarietà delle arti crea qualcosa di incredibile, appassionante, a tratti disturbante, che tutti dovrebbero leggere, come simbolo di un grandissimo patrimonio artistico.

Sara Prian

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