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Nuovi appalti Musei Civici Venezia, CGIL: vicenda paradossale

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Cosa significa immedesimarsi? Credo, innanzitutto calarsi nei panni di qualcun altro. Partecipare, non solo formalmente, ma emotivamente, a quello che capita al di fuori di noi, facendolo proprio, vivendolo. E’ certo il modo migliore per comprendere le ragioni e per renderle un patrimonio personale.

Chiediamo questo oggi, di poter spiegare quelle fotografie di bandiere e di presidi delle lavoratrici e dei lavoratori dei Musei Civici di Venezia, convinti che la loro lotta per il lavoro, dentro un cambio di appalto, in una procedura dagli aspetti non chiari, non sia solamente la rivendicazione del loro lavoro ma la denuncia di come si sta evolvendo il mondo del lavoro e che quindi riguardi un po’ tutti.

Perché si parla di appalti. Di quel modo di affidare alcune parti di attività a soggetti imprenditoriali differenti dalla proprietà, per sviluppare determinate lavorazioni, determinate mansioni.

Capita nel privato. Capita tantissimo nel pubblico.

Si fa perché è più conveniente sia sul versante organizzativo che su quello economico. Parola d’ordine OTTIMIZZAZIONE. Si dice che si fa per migliorare il servizio all’utenza, si fa perché la responsabilità e la specializzazione viene affidata ad un “soggetto altro”, che sviluppa imprenditoria autonoma dentro un progetto più generale.

Nulla di male, anzi. Normale e previsto dalla legge. Nell’appalto ci sono i mezzi per sviluppare quella lavorazione, ci sono le competenze e ci sono le persone.

Ma gli appalti sono a tempo e scadono. Quando scadono vengono bandite le gare per la nuova assegnazione e applicati criteri “oggettivi” che devono identificare quale soggetto ne abbia il titolo.

Lo ribadiamo fino alla noia. Ci sono precise normative e leggi che tutelano i lavoratori in caso di cambio d’appalto. Può cambiare l’azienda di riferimento ma le persone che ci lavorano devono restare al loro posto. Perché resta il loro lavoro qualificato da anni di esperienza. Di passione e anche di studio personale.

I contratti di riferimento non possono avere degli sbalzi e quindi il valore economico del costo del lavoro non può cambiare. Il problema è che la tendenza – ad ogni cambio di appalto – si tenti di piallare o peggio raspare i diritti dei lavoratori.

Il valore economico di quel lavoro non cambia poiché ogni azienda che potrà subentrare, dovrà applicare i contratti di lavoro di riferimento e non altro. E quei lavoratori non vogliono null’altro di quello che è garantito dalle leggi del nostro Paese.

Prima di tutto mantenere il posto di lavoro, il riconoscimento della loro anzianità di servizio, i diritti minimi stabiliti dal contratto.

Quindi contano le competenze e contano i mezzi, ma sempre di più conta il prezzo con il quale si intende aggiudicarsi quell’appalto. Alcune cifre sono incomprimibili, altre lo sono. Il costo del lavoro, magicamente, lo diventa sempre.

LA TAGLIAMO CON L’ACCETTA? Ai Musei Civici di Venezia succede tutto questo.
Scade la gara. Cambia l’impresa. Si taglia il costo del lavoro e alcuni lavoratori restano a casa. Altri restano ma solo se rinunciano a parte dei loro diritti. E devono addirittura essere disposti a certificarlo. Vengono quindi convocati da una commissione a firmare verbali di conciliazione che rendono ogni posizione non impugnabile da qualunque azione legale. SENZA LA PRESENZA DEL SINDACATO!

Che atto di coraggio! Il pesce grosso che isola ogni piccolo pesciolino!

Ogni cambio di appalto comporta molte problematiche. Ovvio che non tutti i cambi d’appalto siano uguali.

Ma la salvaguardia dei posti di lavoro, di lavorazione spesso a bassissimo salario, sono il più importante patrimonio da salvaguardare. Anche perché a molte volte sono a forte specializzazione.

Orbene, immedesimatevi nei lavoratori che si trovano di fronte a una situazione così paradossale!

Il committente è pubblico e rappresenta un ente che negli anni ha aumentato visitatori e fatturato.

Non vogliono aumenti di stipendio ma solo di mantenere il proprio lavoro e i loro diritti.

Cambia l’appalto ma il lavoro continua ad esserci e non cambia! Cosa fareste voi?

I lavoratori vogliono cambiare datore di lavoro, come è previsto, senza dover andare in una commissione dentro l’Università, prevista dalla legge, si intende!, dove un soggetto pubblico certifica che un altro soggetto pubblico affida il lavoro a qualcuno, abbassando lo stipendio a quelli che restano.

Chiamandoli uno alla volta, senza il Sindacato. Cosa fai? Firmi o no? Lavori come dico io, o resti a casa? Secondo voi, è giusto?

Tra i non confermati, guarda caso, proprio i delegati sindacali. Vi pare normale?

La CGIL metterà in campo tutte le iniziative politiche e legali, per ristabilire la giustizia in questa situazione, ma quello che conta veramente è che, assieme a tutte le vertenze analoghe a questa, la condizione di queste donne e di questi uomini, non resti chiusa all’interno delle loro mura domestiche ma che diventi il simbolo di come questo modo di affrontare il lavoro e l’impresa, in realtà altro non sia che uno svincolo dalle responsabilità e dei rischi che da soli determinano la tipologia della remunerazione dell’impresa stessa, il profitto.

Profitto senza responsabilità e rischi, è altra cosa.

Peggio quando è il pubblico a promuovere questo e a non tutelare il lavoro, a difenderlo, peggio in un istituto che cresce nei profitti. Peggio se l’ente che si comporta, così promuove cultura.

Immedesimiamoci e un po’, indigniamoci.

ENRICO PIRON
Segretario generale Cgil Venezia

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. …peggio di così a Venezia non si può fare…
    Comunque riporto l’estratto della mia lettera inviata al Comune a proposito dei precari dei Musei.

    “Lettera aperta
    al signor Sindaco di Venezia,
    alla gentile Assessore Paola Mar,
    al gentile Assessore Giorgio D’Este,
    al gentile Assessore alla Mobilità Renato Boraso,
    al gentile Assessore al lavoro e politiche sociali Simone Venturini

    Gentili signori,
    (…)
    di fronte a tanta “ricchezza e benefici” che darebbero le 30 milioni di presenza a Venezia, come può il Comune trattare nei modi descritti dalla stampa i precari dei Musei Civici, che per vivere decentemente in questa “ricca” città forse dovrebbero avere uno stipendio netto di 2.000 euro, e invece secondo me ho l’impressione che si stia facendo una penosa lotta al risparmio con la battaglia per l’appalto al ribasso?

    Come possono dei lavoratori di esercizi pubblici essere assunti part time, mentre forse lavorano 11-12 ore al giorno, con contratto a termine, stagionale o, peggio, stage o a chiamata, di fronte a tanti soldi che “arrivano” a Venezia e ai prezzi dei menù?

    Come possono molti contratti di lavoro del settore turistico a Venezia, prevedere degli stipendi così inadeguati di fronte a un costo della vita, causato prevalentemente dal turismo, che è circa il doppio più alto di una qualunque altra città non turistica?

    Invito quindi caldamente il Sindaco di Venezia, la Giunta e il Consiglio a dimostrare nei fatti che la ricchezza e il benessere derivanti dal turismo sono per tutti i Veneziani, e non per “i soliti noti o furbetti di turno”, cominciando ad assumere direttamente a tempo indeterminato i lavoratori precari dei Musei Civici, ovvero predisporre una gara d’appalto che preveda, come condizione principale, un salario minimo netto (esclusi assegni familiari, gli 80 euro o altri ammortizzatori sociali) adeguato al costo della vita in città, quindi non inferiore a1.600 euro mensili, relativi contributi previdenziali ed assistenziali, copertura per malattia, 13^, 14^, e , dato che siamo una città “piena di soldi dei turisti”, 15^ mensilità.

    In caos contrario, avremmo la conferma che è controproducente far venire tanta gente, talvolta barbari e vandali dei monumenti, a Venezia, e quindi dovremmo impegnare il Comune, invece di richiamare turisti pubblicizzando ogni evento, ad attuare, attraverso sistemi di dissuasione indicati anche nel “Progetto Cartaveneziano” che avevo presentato in Comune, una progressiva limitazione e riduzione delle presenze, specie pendolari, e della massa turistica in generale.

    Molti Veneziani la attendono da decenni. Io pure.
    Confidiamo nella Vostra serietà e coscienza.
    Prof. Fabio Mozzatto (Veneziano D.O.C.)
    Venezia.

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