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Mi hanno ceduto il posto riservato in tram, ma… Educazione e maleducazione nei mezzi pubblici

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Salire in tram direttamente dalla stazione ferroviaria di Mestre, ora si può

Caro Direttore,
vorrei mi aiutasse a capire e lo chiedo anche ai suoi lettori come leggere quanto mi è accaduto ieri sera.
Sono le 20.00 e da Piazzale Roma salgo sul tram che mi porterà a Mestre. C’è un gruppo di ragazzini, forse boy scout dall’abbigliamento, ci sono anche adulti con loro, e subito si siedono sui due posti riservati.

Chiedo cortesemente di cedermi il posto e un ragazzo si alza e va a sedersi vicino all’amico sull’altro (riservato). Ridacchiano verso di me, allora tento un approccio e cerco di spiegare che quei posti riservati, hanno un perché.

Si alzano e raggiungono un po’ più in là il gruppo e commentano in modo colorito le esigenze dei vecchi (che per quello che hanno da fare possono aspettare. . .) che mi provocano rabbia e malessere. Intanto una mamma dice, anzi ordina a sua figlia, forse tredicenne, tu siediti là e basta. E le si siede vicino mandandomi occhiatacce.

Penso che quei ragazzi potevano essere miei alunni e penso quanto li ho amati a scuola. Mi dispiace per loro e per me che non sono riuscita a spiegarmi. Mi pento di aver chiesto il posto, ma non ho potuto far diversamente perché sono stata colta da forti dolori alle gambe poco prima, so che non mi dovrei giustificare, ma quella situazione mi fa male più dell’artrosi.

Scendono tutti alla fermata Sansovino, io sto ragionando mestamente su quanto è accaduto, quando sento battere il vetro, guardo mi fanno ciao ciao con la mano, ridendo di me e la signora che ha fatto sedere la figlia mi manda ironici baci. Scendo sgomenta alla fermata successiva e le gambe mi tremano mentre camminando rivedo quei volti che avevano individuato in me una nemica da trattare come un rifiuto.

Solo per capire, mi rivolgerò agli educatori Scout di riferimento per chiedere come mai ragazzi educati al sociale e religiosi, che forse pochi giorni fa hanno portato l’ulivo nelle case del quartiere, abbiano potuto essere tanto sprezzanti. Chiederò loro di aiutarli.

E mi chiedo ancora che ne sarà di una generazione smarrita che come risposta ad una osservazione, a una piccola e legittima richiesta, usa la derisione e la denigrazione (dell’essere anziani nostro malgrado).

Lettera firmata

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3 persone hanno commentato. La discussione è aperta...

  1. Non c’è molto da commentare, purtroppo… Siamo in una Italia che non riconosco, la maleducazione regna sovrana. Ricordo mio padre con una grande ammirazione e commozione, non ci ha mai picchiato, bastava un suo sguardo e noi figli capivamo cosa non andava. Ora i genitori non hanno voglia di insegnare l’educazione ai propri figli, è più faticoso dire un NO che accondiscendere sempre o ridere di una malefatta dei figli. Quello che mi sconcerta è che tale comportamento sia proprio venuto da Scout, ma come dice Stefano l’educazione dovrebbe venire in famiglia e dalle istituzioni che latitano.

  2. Cara Signora, comprendo la sua amarezza visto che vivo nel mondo scout da circa 25 anni – da quando avevo i bambini piccoli – ma purtroppo cose simili si registrano tutti i giorni e nelle occasioni più diverse; i giovani spesso guardano agli anziani come persone inutili, che portano via magari il lavoro ai giovani, che non servono più a niente, ma alla base di ciò credo ci sia anche una mancanza di educazione alla base, quindi proprio in famiglia, e lo dimostra lo sconsiderato comportamento di quella mamma che le manda falsi baci. Appartengo a una Comunità MASCI (adulti scout di Venezia) e le assicuro che purtroppo una delle cause di comportamenti simili è proprio la perdita di quei valori universali che regolano il buon vivere: onestà, spirito di sacrificio, rispetto per gli anziani, rispetto per le cose altrui, buona educazione, con i quali penso abbia tirato su i suoi alunni che probabilmente oggi saranno bravi adulti se hanno avuto una insegnante sensibile come lei. Le auguro di non trovarsi più in occasioni simili e la prego di accettare, in vece di quei “mascalzuncelli”, le mie più sentite scuse. Stefano dei Frari

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