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Mestre, sfregi e svastiche sul pulmino Anffas

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Mestre, sfregi e svastiche sul pulmino dei disabili Anffas
Che cosa spinge una mano a sfregiare con svastiche, insulti demenziali il pulmino di una associazione di famiglie, l’Anfass di Mestre, che si occupa di ragazzi e persone disabili, cosa spinge quella e altre mani scrivere “down addio”, in una notte di festa e di sballo della ragione?

Cosa non spinge altre mani a fermare questi atti teppistici che si compiono ormai con una disinvoltura straziante, in ogni occasione e in ogni dove, in spregio al rispetto e persino alla pietà, nella notte di Halloween o negli stadi, dove si è preso a calci lo sport e colpito al cuore la civiltà e la storia, con le magliette fatte indossare ad Anna Frank, ignara protagonista di una storia di cui ci vergogniamo, ma forse non abbastanza.

Un miscuglio di adesivi e di ignoranza, di sfrontatezza e incoscienza traballa sulle coscienze di una società che ormai ci fa sopportare tutto, che non cessa di stupire e riproporre fatti detestabili: di questi giorni, anche le svastiche a offendere il Monumento dei caduti a Olmo di Maerne, che non indigna abbastanza e a sufficienza quel mondo (il nostro?) che assiste allibito a quanto tutti i santi giorni ci viene raccontato.

Il pullmino dell’Anfass vilipeso conduce i ragazzi del gruppo “Girasoli giovani” a svolgere i tirocini sociali, gli ignoti deturpatori, non sanno, non conoscono, forse nessuno ha spiegato loro la grandezza, il sacrificio, la lotta quotidiana delle famiglie, delle madri soprattutto, che si occupano dei loro figli svantaggiati per dare loro la possibilità di crescere con la speranza di un domani possibile.

Le scritte in nero hanno cancellato la targa del pulmino e la presidente dell’Anffas Graziella Lazzari Peroni, ha commentato amaramente l’accaduto, che oltre fatto morale, ha danneggiato economicamente l’associazione. Il pulmino era stato appena rimesso a posto con una spesa di 800 euro, ma anche l’anno scorso lo stesso mezzo è stato preso a bersaglio con uova e farina.

I ragazzi al lavoro ci sono andati ugualmente, li ha portati la presidente con la sua automobile, un po’ per volta e in più giri, e se la targa fosse stata visibile, i “suoi” ragazzi li avrebbe fatti girare per Mestre e dintorni a bordo del pulmino sfregiato, in modo che tutti avessero avuto modo di vedere, di pensare, di capire come rimediare a questo stato di cose.

Il confine ipnotico dello spregio come espressione oggi rivelata frequentemente dai giovani nelle notti “brave”, non può essere lasciato a sé stesso. Se troveranno questi ragazzi, o adulti, non si sa, probabilmente neanche sanno il perché del loro comportamento.

Ci hanno dormito sopra dopo l’accaduto, ma a svegliarli e renderli responsabili di quei comportamenti dovrebbe essere un mondo adulto fatto i famiglia, scuola, relazioni sociali che sappia intercettare i motivi della violenza, sempre più grave e odiosa quando colpisce persone fragili e indifese.

Più che di parole, a fiumi sull’ormai famoso educatore facebook, che tutto sa e traduce, c’è bisogno di informare, di invitare ad osservare le persone vive, che si muovono per strada, che faticano a tirare avanti: scrutarle per davvero, non alla spicciola attraverso il cellulare o i social, così chiamati impropriamente.

L’unica speranza di cambiamento sono loro, i giovani, che hanno bisogno di una guida adulta autorevole che li aiuti a capire la vita, ad immedesimarsi negli altri. Non è sufficiente aprire le braccia in segno di resa o di auspicare al carcere per i deturpatori, è urgente lavorare sulla conoscenza e sulla responsabilità, che tutti, ma davvero tutti ci accomuna.

Quando dei sedicenni arrivano al pronto soccorso per coma etilico si comprende che la misura è colma e rinforza la domanda di interventi educativi.

Andreina Corso

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