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Luce e spazio architettonico

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Santa Sofà­a, il Pantheon, Ronchamp; Gian Lorenzo Bernini; Le Corhusier, Alvar Aalto, Tadao Ando; il Romanico, il Gotico ed il Barocco, l’Impressionismo, il Puntinismo, il Cubismo. Tutti hanno in comune un elemento: la luce.Unico denominatore: una luce che è materiale, misurabile e quantificabile; una luce che può essere controllata, domata, dominata; che è orizzontale, verticale, diagonale, solida e diffusa; in grado di “bucare la struttura”, di caratterizzare gli spazi e la forma e il colore delle pareti che li circondano, agevolando il rapporto tra interno ed esterno, tra materia piena e spazio vuoto.

Architettura e Luce, dunque, eternamente insieme, strutturalmente differenti, inscindibilmente legati in un rapporto biunivoco di perenne amore ed odio, di accettazione e negazione, di ricerca e di rifiuto.

La luce è un cardine dell'architettura, che è sempre in costante ed affannosa ricerca di nuovi spazi e di nuove forme architettoniche, uniche nel loro genere specie se valorizzate da una corretta illuminazione in grado di conferire loro una precisa identità .

Artefice di tutto ciò è il progettista, demiurgo di un’arte che traduce la luce in dimensione dell’ architettura oltre che in suo specifico attributo.
Egli può agire in un mero ambito funzionale per raggiungere il miglior comfort visivo, ma può anche concentrarsi sullo spazio quale luogo e ambito scenico della luce che è e si vive dentro e fuori un edificio.
La storia dell’Architettura è colma di esempi in tal senso, sebbene si parli sempre e solo di luce naturale.

Passano i secoli ed infine si scopre che anche la luce artificiale può essere sfruttata come “parametro di definizione spaziale” e che può anzi essere meglio “manipolata” fino a modificare la percezione della distribuzione spaziale attraverso fenomeni ottico-percettivi; luce quindi, ovvero nuova materia in grado di enfatizzare le linee della materia.

La ricerca e la riflessione sulla luce sono oggi alla base dello studio dell'architettura del futuro, ove non solo i mattoni, il calcestruzzo, i forati ed il legno, il vetro e l’acciaio sono materiali atti alle costruzioni edili; anche la luce diviene un elemento che si può considerare tale.

Il vetro e la luce sono stati protagonisti di recenti esperienze architettoniche che hanno trasformato facciate e valorizzato interni come, ad esempio, le realizzazioni di Mies van der Rohe e di Peter Behrens, di Frank Lloyd Wright nel Guggenheim Museum e di Frank Owen Gehry nella casa Spiller.

Francoforte – Mab Zeil di Fuksas
Foto di Massimo Semola

Ma nel ventunesimo secolo l’edilizia si avvale anche della tecnologia di nuovi materiali (talvolta anche compositi), del titanio, della fibra di carbonio ed ancora, di diodi luminosi e fibre ottiche che sono oggi elementi di composizione architettonica così come in passato lo furono colonnati, trabeazioni, archi, cornici ecc.., che controllavano e ritmavano la luce dimensionando l’architettura.

Oggi, più di ieri, la luce dello spazio architettonico non è da intendersi solo quella diurna, che determina anche l’uso degli ambienti, ma è anche quella artificiale che la notte diviene veicolo di messaggi come nel caso di Las Vegas, o che semplicemente connota e da nuova forma non soltanto all’edificio, ma anche allo spazio urbano intorno ad esso.
Basti pensare alle immagini aeree di New York con gli alti e sfavillanti grattacieli che “invadono” le tenebre con milioni di fioche e colorate luci; al Museo Archeologico di Olbia che pare quasi”fluttuare” sulle placide acque del sicuro porto, “detentrici”, in qualche modo, di un passato ormai lontano, custodito tra quelle mura. Ma c’è di più.

Luce naturale prima, dunque; luce artificiale dopo…., ma pur sempre passante attraverso le bucature delle pareti. Proviamo ora ad invertire le cose.
I vuoti si fanno solidi ed la materia lascia penetrare la luce facendosi essa stessa luminosa, trasparente e traslucida!
Una proprietà  non più immaginaria, quanto condensata in un unico materiale recante due nomi: il “Pixel Panels” ed il ” LiTraCon” poiché fanno riferimento a due distinti brevetti di un calcestruzzo traslucido che conduce la luce grazie alle fibre ottiche di vetro o di materiale plastico inglobato nella composizione.

La luce attraversa la materia in modo diverso secondo il tipo di fibra che si utilizza. Il LiTraCon consente l’uso massivo e può essere plasmato nella forma desiderata, realizzando una serie di prodotti quali oggetti per il design, tavoli, lampade, tubi, mattoni, lastre, pilastri, ed al contempo è in grado di trasmettere la luce.
E’ un materiale di recente invenzione ad opera di due ricercatori, rispettivamente Bill Price, architetto texano ricercatore presso l’Università  di Houston ed àron Losonczi, architetto ungherese che lavorano autonomamente al medesimo progetto nel tentativo di realizzare pareti e facciate con un materiale strutturale e trasparente, dalle notevoli prestazioni ed espressività .

Il campione è ottenuto aggiungendo fibre di vetro o di plastica alla miscela del calcestruzzo; il 5% del volume del materiale prodotto può condurre la luce. Difficile forse che divenga un prodotto standardizzato di massa e su larga scala, ma è più probabile che imparando ad utilizzarlo, essendo flessibile nella produzione, si adatti di volta in volta a soddisfare diversi modelli di trasparenza richiesti dai progettisti.

“L’architettura è il gioco sapiente, rigoroso e magnifico dei volumi assemblati nella luce“, ha scritto Le Corbusier qualche anno fa.
“Oggi, la luce è proprietà  nello e dello spazio architettonico” aggiungerei io.

Testo di Luisa Doriana Lombardo

(Foto in intestazione : I.light®, un “cemento trasparente” per il Padiglione italiano Expo Shanghai 2010. Immagine dal sito http://www.casadellarchitettura.it)

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