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Lavoro domestico. Obbligo di comunicazione, voucher, lavoro «nero», relative sanzioni e licenziamento. Ecco tutti gli aspetti più «scottanti» condensati in un articolo

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Lavoro domestico. Obbligo di comunicazione, voucher, lavoro nero

Si sente spesso parlare di colf, di badanti, e, più in generale, di lavoratori che assistono anziani e persone non autosufficienti. Questa settimana esploreremo brevemente il mondo del lavoro domestico, soffermandoci sugli aspetti che attirano maggiormente l’attenzione dei lettori.

Prima di tutto occorre comprendere cosa sia il lavoro domestico e quali siano i lavoratori domestici siccome il lemma «domestico» (dal latino domus – casa) trae in inganno non pochi.

Il lavoro domestico è un rapporto di lavoro subordinato a tutti gli effetti in cui la particolarità consiste nel fatto che tale attività è svolta a favore di una «comunità familiare» o «comunità simili a quelle familiari». Di conseguenza, anche se il luogo di lavoro coincide, in generale, con l’abitazione stessa del datore, ciò non accade necessariamente in tutti i casi. Infatti, sono considerati lavoratori domestici sia colf, badanti, camerieri, cuochi ecc che lavorano presso la casa del datore sia lavoratori che prestano tale attività all’interno di comunità religiose (conventi, seminari) o in altre comunità senza fini di lucro come ricoveri per anziani o disabili.

Devo comunicare l’assunzione del lavoratore domestico? E se sì, a chi?

La risposta è affermativa. La comunicazione di assunzione non deve essere comunicata al Centro per l’Impiego come per la generalità dei lavoratori subordinati, ma va presentata all’Inps entro le ore 24 del giorno precedente (anche se festivo) a quello di instaurazione del rapporto di lavoro. Tale comunicazione ha efficacia anche nei confronti di tutte le Pubbliche Amministrazioni e, in particolare, del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, dell’Inail, nonché della Prefettura-Ufficio Territoriale del Governo. La stessa comunicazione va fatta anche in caso di eventuale trasformazione o cessazione del rapporto di lavoro (in tale caso il termine è di cinque giorni da quando si verifica l’evento).

Diritto del Lavoro, a cura dell’Avv. Gianluca Teat

Sussistono eccezioni a tale obbligo di comunicazione?

Non occorre effettuare tale comunicazione di assunzione nel caso in cui il datore di lavoro faccia ricorso a prestazioni di lavoro di tipo accessorio di natura occasionale (tipologia contrattuale introdotta all’interno della riforma Biagi e applicabile anche al lavoro domestico). Come molti di voi sapranno, il rapporto di lavoro accessorio è basato sulla consegna dei voucher che contengono la retribuzione e la contribuzione verso Inps ed Inail.

Cosa succede se un datore assume il lavoratore domestico «in nero» oppure «più furbescamente» utilizza formalmente il sistema dei voucher del lavoro accessorio, ma di fatto impiega il lavoratore sostanzialmente a tempo pieno?
In caso di omessa comunicazione obbligatoria all’Inps, il datore deve pagare una sanzione amministrativa alla Direzione Provinciale del Lavoro apparentemente modesta: da 100 a 500 Euro per ogni lavoratore di cui non ha comunicato l’assunzione. Ma c’è di più: in caso di mancata iscrizione del lavoratore domestico all’INPS, la Direzione Provinciale del Lavoro può applicare al datore di lavoro una sanzione che va da 1.500 euro a 12.000 Euro per ciascun lavoratore «in nero», maggiorata di 150 euro per ciascuna giornata di lavoro effettivo, cumulabile con le altre sanzioni amministrative e civili previste contro il lavoro nero. Per esperienza posso dire che varie Direzioni Provinciali del Lavoro applicano sovente sanzioni più prossime al minimo che al massimo edittale, ma si tratta comunque di cifre significative.

Infine, analizziamo il regime dei licenziamenti. In materia di estinzione del rapporto di lavoro, si applica il principio della libera recedibilità da parte del datore (tecnicamente recesso ad nutum). Unicamente in caso di licenziamento discriminatorio (per ragioni ad esempio religiose, politiche ecc), sussiste la radicale nullità del licenziamento con la reintegra del lavoratore nel posto di lavoro (L. 108/1990).

Alla luce di tutte queste considerazioni, appare saggio e salomonico consigliare un primo periodo di conoscenza reciproca attraverso il lavoro accessorio di natura occasionale (ovviamente nei limiti imposti dalla legge). Successivamente, se tutto va bene, è doveroso procedere all’assunzione secondo le norme vigenti onde evitare di incorrere in gravose sanzioni. Inoltre, non va dimenticato il fatto che sovente i lavoratori domestici operano a stretto contatto con anziani o bambini, soggetti che statisticamente sono più esposti a malattie, problemi di salute o incidenti. Immaginatevi l’imbarazzo (e le possibili conseguenze legali) nel caso in cui l’anziano genitore dovesse avere un incidente domestico o un grave problema di salute (ad esempio un infarto) proprio mentre è assistito da una badante tenuta in «nero» la quale ovviamente non potrebbe fare a meno di chiamare l’ambulanza.

gianluca teat avv VTWIDGET

Avv. Gianluca Teat
(Potete contattarmi anche via e-mail gt.teat@gmail.com o sul profilo Facebook Avv. Gianluca Teat)

29/10/2015

Riproduzione vietata

(Immagine: Cameriera che travasa la zuppa dal paiolo del pittore svedese Pehr Hilleström (1732 – 1816), olio su tela, seconda metà del XVIII Secolo. Immagine di pubblico dominio.
Diversi storici dell’arte hanno evidenziato che alcuni dettagli dell’abbigliamento, in particolare l’ingombrante gonna à la polonaise e i sabots (calzature ampiamente utilizzate dai ceti popolari dell’epoca ma nell’immagine dotati di un ingombrante tacco difficilmente compatibile con i lavori domestici), potrebbero essere indizi che si tratta di una nobildonna che «gioca» a fare la popolana e non di una cameriera vera e propria. Un po’ come accade oggi negli spot televisivi in cui si vedono donne giovani, avvenenti e truccate che lucidano pavimenti irrealisticamente perfetti e puliti o che preparano minestroni già usciti «pronti» dalla fabbrica. Nihil sub sole novum.)

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La discussione è aperta: una persona ha già commentato

  1. Caspita 24 ore prima di iniziare effettivamente a lavorare… Non lo sapevo, e sono certa che in molti non lo sanno. (Prima cosa all’interno dell’articolo che mi ha sorpresa)
    Sempre utili questi articoli. Complimenti avvocato.

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