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Insegnante sequestra cellulare, studente denuncia ‘abuso di potere’

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Scuola in crisi: cattedre vuote e carosello di supplenti
La cronaca: squilla lo smartphone in classe e come vuole il regolamento del Liceo Duca degli Abruzzi, l’insegnante individua l’appartenenza, invita lo studente “reo” a consegnarglielo. Rinchiude l’intruso nel cassetto, l’avrebbe poi restituito ai genitori dello studente “indisciplinato”.

Un fatto in prima istanza semplice (quasi) accaduto un po’ di tempo fa a Treviso. Ricorrente fra studenti e professori, che raccomandano di non usarlo in classe, ma il cellulare ha la stessa portata di un cagnolino, di un animale domestico, tanto siamo addomesticati all’appartenenza della tecnologia. I voti del resto, le comunicazioni, oggi, non vengono inviati alla famiglia tramite web?

Non ci sta il ragazzo a quello che gli è sembrato un abuso di potere. Aspettava una telefonata dai genitori che erano fuori città, questa la sua versione e da qui la conseguente decisione di recarsi dai carabinieri per denunciare l’accaduto. Lo studente ha diciott’anni e non ha retto all’appropriazione “indebita”, che il suo legale biasima e sostiene essere “una forma di sequestro che non può essere esercitato dalla scuola”.

Il liceo trevisano esprime stupore e disapprovazione tramite la preside Antonia Piva, dispiaciuta per quanto ha appreso dalla stampa, proprio nei confronti di un istituto molto apprezzato in città per le sua esperienza didattica e formativa . Fa appello al regolamento e all’intento educativo dei docenti, che non sequestrano, ma ritirano provvisoriamente i cellulari, quando questi vengono usati in classe. Fa riferimento alla collaborazione fra docenti e genitori e ricorda una circolare ministeriale che sostiene i principi del regolamento del liceo, basati sul rispetto dei ruoli.

La denuncia del ragazzo maggiorenne nei confronti della scuola ipotizza il reato di sequestro illegittimo e abuso di potere, ma l’avvocato Capraro che assiste lo studente, pensa che tutto possa essere chiarito in sede pacifica, anche se le vere contraddizioni certo non usciranno da questa diatriba apparentemente “semplice”.

Arriveranno scuse e ripensamenti, ma lo smartphone è solo la conseguenza di un mondo mediatico offerto dalla presunta modernità ai giovani, che se lo portano sempre appresso, che seduti sugli autobus non alzano mai gli occhi dal loro magico oggetto portatile, che usano i social per comunicare impulsi immediati e impressioni, che volano basso dentro la vita rettangolare che tutto assorbe e prende.

Come abbandonarlo, come privarsene mentre si studia, si lavora in classe? Si rischia una crisi di astinenza se viene sottratto “per regolamento”, i ragazzi sono vittime dipendenti della tecnologia diretta, ma neppure gli adulti, talvolta pure insegnanti e in classe, sembrano poterci rinunciare.

Andreina Corso

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