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Il Quinto Potere, Assange e Wikileaks al cinema a ritmo serrato. Di Sara Prian

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Dopo il mezzo passo falso con “The Twilight Saga – Breaking Dawn”, Bill Condon torna con uno dei film più interessanti degli ultimi tempi sulla nascita di WikiLeaks e del suo fondatore Julian Assange, in una pellicola dal ritmo serrato che fa riflettere sul ruolo del giornalismo ai giorni nostri.

Julian Assange (Benedict Cumberbatch) e Daniel Berg (Daniel Bruhl) riescono a creare una piattaforma online dove gli informatori possono, in forma anonima, mandare notizie riservate facendo così emergere i luoghi oscuri dei segreti governativi e dei crimini commessi dalle aziende. Ma quando i due si troveranno davanti la più grande raccolta di informazioni riservate degli Stati Uniti si troveranno a dover affrontare opinioni divergenti.

“E’ moralmente etico e giusto professionalmente mettere online tutte le notizie così come arrivano, oppure bisogna pensare al prossimo e ritoccarle?” Questa è l’importante domanda che “Il quinto potere” di Condom si domanda attraverso la vita e le idee di Julian Assange.

Una pellicola che può essere perfettamente incasellata come ideale seguito di “Quarto potere” di Orson Welles e “Quinto potere” di Lumet, nel suo far riflettere sul ruolo della comunicazione nel 21esimo secolo.

Ora che tutti possono scrivere quello che vogliono online, attraverso i social network o altre piattaforme, esiste ancora la possibilità che i segreti rimangano tali? O basta che una persona, o un gruppo di persone, nascoste dietro pseudonimi e quindi maschere, mettano mano ad una tastiera per distruggere, in poco tempo la vita di moltissime persone?

Il tutto si costruisce attraverso una complessa rete di verità e falsità, dove gioca un ruolo cruciale il concetto d’identità. Ci sono mille volti e nessuno dietro alle “soffiate” che WikiLeaks riceve, un po’ come “In uno nessuno e centomila” Assange diventa il volto unico dalle mille facce, paladino di giustizia e verità per i popoli.

L’ Assange tratteggiato da Condom ed interpretato in maniera magistrale da Benedict “Sherlock” Cumberbatch, è una figura inquietante che pone lo spettatore a provare due differenti sensazioni. All’inizio si può appoggiare la sua idea di libertà di parola e la completa trasparenza della notizie, ma quando per la sua ostinazione rischiano di andarci di mezzo vite innocenti, a quel punto il pubblico si trova a riflettere sul ruolo dell’etica.

Con un ritmo serrato che non si vedeva dai tempi di “Argo” di Ben Affleck, “Il quinto potere” crea fisicamente il mondo di WikiLeaks, contemporaneamente innalzando Assange ad eroe per poi desacralizzarlo, lasciando allo spettatore la libertà di prendere una posizione su tutto quello che viene mostrato.

E allora, come si dice nel finale, se ognuno racconterà sempre la propria versione dei fatti dov’è la verità? Bisogna cercarsela da soli, studiare, leggere più fonti e crearsi la propria, non avendo paura di formarsi un’ idea. La libertà non sarà verità, ma è il primo tassello per avvicinarsi.

Sara Prian

[27/10/2013]

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