Stare tra gli ultimi della Terra: questa la vera missione di Papa Francesco, facendosi largo fra la folla, per arrivare nei luoghi più dimenticati, evitati, per veder spuntare un sorriso nel volto dei carcerati, di chi abita in zone di frontiera fra case e quartieri abbandonati dal mondo.
Ogni volta è così e anche chi è dubbioso sui miracoli, come chiamarlo quell’amore enorme che restituisce pace, che ammansisce gli animi più sconfitti e ribelli.
Chi è quest’ uomo così “grande, unico”, che in barba alle convenzioni, in una giornata dove l’Europa si celebra e si confronta a Roma, lui va a Milano, al carcere di San Vittore, si siede a tavola con le persone “ristrette” che lo guardano e ascoltano incantate.
Semina il suo cammino recandosi fino nella terra dimenticata di via Salomone, entra nelle case periferiche che più modeste non si può, si intrattiene con i malati e le genti di ogni lingua e religione. E dice loro, vi voglio bene, siete miei fratelli. E chi lo ascolta, sa che è vero.
Un uomo semplice, che non ha bisogno di manifesti contro i populismi più accesi, è lui, l’uomo che parla e sente il suo prossimo. Sono i suoi fratelli più sfortunati, il suo pane, ha bisogno di vederli, di ascoltarli, di dar loro un segno di speranza, con un sorriso mesto ma non vinto, con una forza che commuove quando nasce da una pietas, un sentimento pieno di rispetto, che induce a sperare nell’uomo, nella sua capacità di dare amore.
Con lui spariscono i ghigni delle analisi giornalistiche piene di odio e diffidenza, abitate dallo scherno e dalla distanza. E’ lui che fa piazza pulita di tutta una retorica e una linea teorica di confronto basato sull’odio e il respingimento.
E’ ancora lui a dirci di non voltare le spalle, di non abbandonare il nostro percorso interiore, che non tutto è perduto.
Andreina Corso
Mi sono commossa, grazie, bellissimo articolo. Giovanna