Immagini della “Festa delle capanne”( o “Sukot”), svoltasi recentemente in Ghetto, con cui l’ebraismo ricorda, com’è noto, la vita del proprio popolo nel deserto e in cammino verso la terra promessa, durante la quale viveva forzatamente in capanne.
[28/09] Poiché per nostra disgrazia, come usa dire, la madre degli imbecilli è sempre incinta – di cui, considerato l’andazzo odierno, ritengo non ci sia motivo alcuno di dubitare – non è mancato chi, nell’occasione della recente festa ebraica del sukot o delle capanne svoltasi in Ghetto, scambiando marchianamente le capanne edificate temporaneamente ed espressamente per la festa, destinate a scomparire con la fine di essa, per delle costruzioni abusive e destinate a rimanere definitivamente in loco, si è sentito in diritto di proferire nei confronti degli ebrei le solite frasi cretine e stantìe sulla loro presunta arroganza. Dice bene Elie Wiesel, premio Nobel per la pace e sopravvissuto ai campi di sterminio nazisti, laddove, alquanto sconsolatamente, si chiede e chiede : «Se Auschwitz non ha guarito il mondo dall’antisemitismo, cosa potrà guarirlo?» E, non fosse che per fatti come quello segnalato poco sopra, è assai difficile non condividere pienamente la sua sconsolatezza.
(ENZO PEDROCCO)