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Gentiloni: soldati italiani in Iraq e in Siria

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Gentiloni: soldati italiani in Iraq e in Siria

“Sappiamo bene che proveranno a colpire ancora”, “lavoriamo per la sicurezza senza lasciarci fuorviare”. Il pericolo dei terroristi è ancora ben presente anche se le feste di Natale sono trascorse senza incidenti. Questo il senso di un’ intervista a Repubblica del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che sottolinea come contro i terroristi islamici di Daesh “la reazione internazionale è sempre più efficace”.

Il comunicato di Al Baghdadi, spiega, “vuole esibire forza in un momento che invece è di vera difficoltà militare”. “La polizia austriaca parla di persone che sono state segnalate. Non trasformerei questo in nulla di più o di meno rispetto allo scenario in cui siamo da mesi: nulla di più perché non ci sono informazioni precise su luoghi, date, dettagli particolari. Nulla di meno perché in Italia, come in Europa, tutti abbiamo ben chiaro quello che Daesh e i suoi accoliti hanno compiuto e possono compiere”.

I 450 soldati italiani che saranno vicino Mosul in Iraq, spiega il ministro, “non andranno a combattere, ma a proteggere il lavoro di ripristino della diga”. Poi c’è da parte italiana la responsabilità dell’addestramento dei peshmerga curdi a Erbil e di polizia e forze di sicurezza nell’Anbar.

Quanto alla Siria, afferma Gentiloni, “stiamo seguendo due esercizi politici molto delicati che si intrecciano con le operazioni militari. Il primo tende a mettere d’accordo i Paesi del Gruppo di Vienna su quali siano i gruppi terroristici. Il secondo, coordinato dall’Onu, deve individuare i gruppi anti-Assad che in gennaio dovranno partecipare al negoziato con esponenti del regime siriano. Se effettivamente riusciremo a far partire il negoziato scatterà anche un cessate-il-fuoco”.

“Il 19 gennaio a Roma si incontreranno i ministri degli Esteri dei 6 Paesi fondatori dell’Europa unita: vogliamo capire come andare avanti meglio, con più unità, ma anche con più rapidità e prontezza della Ue. Il governo italiano lavora per rafforzare un europeismo possibile che deve rispondere ai cittadini. Le rigidità con cui a volte si affrontano le questioni di politica economica, e non solo, rischiano di compromettere l’Unione europea”

Mario Nacimbeni
27/12/2015

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