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Fausto Pirandello ' I Nudi ' a Palazzo Grimani

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Gli Organizzatori hanno voluto riservare a questa Mostra alcune stanze appartate a Palazzo Grimani a Santa Maria Formosa, quasi a voler sottolineare l'aspetto intimistico di questa prestigiosa raccolta di opere di Fausto Pirandello, figlio del grande drammaturgo Luigi, mostrate al pubblico in occasione della Biennale di Venezia – Padiglione Italia 2011 quale iniziativa speciale per i 150 anni dell'Unità  d'Italia, a cura di Vittorio Sgarbi.


Trattasi di 25 opere, delle quali 19 trattate a olio e 6 a pastello, che spaziano dal 1923 fino al 1970 ( ca. )dandoci la misura di quanto il tema dei “Nudi” abbia interessato la produzione del grande Artista siciliano il quale nell'esposizione dei corpi discinti percepiva il sintomo della caducità  umana, quasi i prodromi della decomposizione materiale e morale dell'Uomo nel suo essere contenitore transitorio di uno “spirito” che appare vieppiù disconnesso nel corso del lungo e tormentato cammino.

E' interessante cogliere, al cospetto di queste opere, una singolare affinità  di pensiero e di trasposizione pittorica, in particolare per i dipinti di Pirandello degli anni venti, con un altro grande Artista del novecento, quel Lucian Freud capace di evidenziare nei suoi corpi, al pari del grande siciliano, la disperazione e l'abbandono di ogni remora morale, il sovraccarico materialistico che fagocita ogni tentativo di esistere del pudore, di un lampo spirituale che, pur sempre, alloga in ogni essere umano. Qui, in entrambi, la densità  pittorica si fa carne, drammaticità  erotica, pulsione dei sensi.

Eppure questi due grandi del novecento non si conoscevano, le opere del primo erano, con molta probabilità  sconosciute al secondo, e la loro comune capacità  di udire il grido disperato di una umanità  degradata deriva, presumibilmente, da una ascendenza parentale: l'uno figlio del drammaturgo più complesso che meglio di altri si interessò ai disturbi della personalità  e l'altro nipote del grande Sigmund padre della psicanalisi. Un “gene” comune dunque li affratellava, l'attitudine a saper indagare e leggere le altrui sofferenze fino alla soglia di rottura, del distacco tra anima e corpo, il momento in cui del prodotto della creazione non rimane che la scorza, l'apparenza dormiente, l'abbandono fisico e morale dell'individuo che a tutto ha rinunciato, mostrando la fine della lotta per la sopravvivenza fisica e spirituale.

Purtuttavia ancora una volta ci soccorre un elemento fondamentale in pittura per poter diversificare il prodotto etico di un Artista da quello di un suo pari: la LUCE. A mio modesto modo di vedere è questo il sottile diaframma che divide il pensiero dei due grandi Interpreti di cui trattiamo. E' quasi impercettibile, ma nelle opere di Pirandello si coglie una parvenza di luminosità  mediterranea, quasi che il Nostro avesse voluto, cosciente o meno, accarezzare le sue creature con un tratto di speranza, un'ultima possibilità  di salvezza o meglio di redenzione. Al contrario nei dipinti di Freud tutto il contesto, i soggetti stessi sono avvolti in una luce fredda, laconica, che accentua lo stato di emarginazione evidenziando un'atmosfera di desolazione e di solitudine. Dunque nel comune saper percepire le ansie di una umanità  sofferente si riscontra questa differente decantazione pittorica dovuta, con evidente plausibilità , non a diverse concezioni psichiche ma, piuttosto, ad un differente modo di collocare sulla tela istintivamente le proprie emozioni, i propri stati d'animo frutto di condizioni di vita ed ascendenze artistiche attenenti alla personale sfera di culture ed esperienze accumulate nel corso della vita.

Nello scorrere le opere di Pirandello in mostra a Palazzo Grimani ho potuto notare, ancora, una particolare evoluzione espressiva ed iconografica: nell'avanzare degli anni verso l'avvento della maturità  le opere del Siciliano acquisiscono una dissoluzione fisica, quasi che l'Autore avesse voluto liberare i corpi dal fardello di una carne ormai alle soglie dello smarrimento. La scarnificazieone del declinato giunge talvolta alla scomposizione, fin sul limite dell'informale, aprendo la via anche a fondali mossi da interventi molto colorati ( specie nei lavori a pastello) un sintomo di speranza nel panorama di un percorso a volte doloroso, come si evince dalla presenza di opere nelle quali il soggetto appare spezzettato, infranto, violentato nella sua intimità , ma non scevro dall'essere ancora, nella segreta sostanza, un Essere umano capace di riscattarsi.

Di una cosa possiamo essere certi, sia per Pirandello quanto per Freud l'esibizione del nudo artistico, femminile in particolare, deriva da una pulsione interiore ben precisa che portava ambedue a considerare il corpo umano l'indice del desiderio, della sessualità , scisso completamente da quella essenza spirituale che accompagna sin dalla nascita ogni persona, ma che per alcuni diviene nel progredire dell'esistenza ingombrante al punto da volersene disfare, quasi per liberarsi di un peso inutile comportante obblighi a volte insopportabili.

Sento, infine, quasi la necessità  di operare un'altra comparazione tra Pirandello ed il suo (quasi) coevo Egon Schiele, per l'attrazione che si intuisce venga in loro prodotta dal soggetto ignudo, proiettato sulla tela da ambedue con tratteggio scarno, a volte deformante, nervoso nella scrittura, secco nella vibratilità  cromatica, emblematico della drammaticità  presente in tante esistenze, spesso evocativo di perversioni erotiche che la maggior parte delle persone tenta, invano, di cancellare dalla propria natura. Ecco dunque come, in questi contesti, l'Artista si faccia psicologo nello scavo della psiche umana, estrapolando pensieri ed emozioni che i più non riconoscono propri vestendoli di paure e condizionamenti, mentre l'Arte tenta, in taluni suoi percorsi, di estrapolare e mostrare, sublimandolo con respiro metafisico, il substrato delle coscienze, alfine di spiritualizzare ogni sentimento, qualchessia passione che l'uomo produca nel percorso della propria esistenza, che non può essere scevra da ogni tentazione.

Siamo partiti da Fausto Pirandello incontrando lungo la via il pensiero e le opere di altri grandi che hanno fatto dell'Arte, al suo pari, denuncia e confessione di condizioni umane le più diversificate ma, sinergicamente, convergenti tutte allo stesso obiettivo: la ricerca in noi stessi di ciò che siamo illusoriamente, che vorremmo essere e, alla fine, che siamo veramente.

Un ringraziamento è d'obbligo a tutti gli organizzatori e realizzatori di questo straordinario evento che fa onore alla nostra Città  e alla memoria di un grande Artista indimenticato.

La mostra è aperta fino al 27 Novembre p.v., e mi permetto di consigliare a chi ama l'Arte di visitarla per provare emozioni capaci di incidere nel proprio animo nuove sensazioni.

Ai nostri lettori do appuntamento alla prossima Mostra.

Venezia, Ottobre 2011

Giorgio Pilla – Critico d'Arte

(www.giorgiopilla.it)

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