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Effetto Serra: Venezia potrebbe sparire entro fine secolo

Il Nord Adriatico si innalzerà sino a 140 centimetri. Un'accelerazione che la scienza imputa al cambiamento climatico provocato dall'aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera. Venezia e le città costiere del nord Adriatico, da Trieste a Ravenna, potrebbero così sparire

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Nuovo allarme per Venezia, l'avanzata del mare la mette a rischio

Lo aveva detto per primo Beppe Grillo durante il suo spettacolo “Reset” del 2007. Tutti ridevano, ovviamente, noi, provenienti da Venezia, mica tanto. Ora la notizia emerge (è il termine esatto) anche dagli ambienti scientifici.
Venezia finirà completamente sott’acqua entro il 2100, sommersa da un Mare Adriatico che segnerà un +140 cm sul livello del medio mare di oggi.

Se negli ultimi mille anni è stato registrato che il Mediterraneo si è innalzato ‘solo’ di 30 centimetri, nei prossimi cento anni si stima una crescita di tre volte tanto con il Nord Adriatico che si innalzerà infatti sino a 140 centimetri. Un’accelerazione che la scienza imputa al cambiamento climatico provocato dall’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera.

Venezia e le città costiere del nord Adriatico, da Trieste a Ravenna, potrebbero così sparire inghiottite dal mare entro fine secolo. In Italia sono 33 le aree a rischio e sul versante ovest sono minacciate le coste della Versilia, di Fiumicino, le Piane Pontina e di Fondi, del Sele e del Volturno, di Catania e quelle di Cagliari e Oristano.

Effetto Serra, aumento delle temperature, scioglimento dei ghiaccia, innalzamento del livello dei mari il circolo vizioso su cui occorre intervenire al più presto. L’aumento più che triplo della massa d’acqua del Mediterraneo nei prossimi 100 anni era stato previsto dal gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Ipcc), che ha stimato l’aumento del mare nel mondo tra i 60 e i 95 centimetri entro il 2100. Ma ora i valori sembrano più precisi alla luce uno studio internazionale sulle variazioni del livello del Mediterraneo coordinato dall’Enea e realizzato insieme a colleghi dell’Ingv e delle Università di Roma ‘La Sapienza’, Bari ‘Aldo Moro’, Lecce, Catania, Haifa (Israele), Parigi e Marsiglia (Francia).

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Quaternary International, “ha preso in esame l’innalzamento del nostro mare in un arco temporale mai studiato prima”, spiega Fabrizio Antonioli del Laboratorio Modellistica Climatica e Impatti dell’Enea. “In mille anni – aggiunge – il Mediterraneo è aumentato da un minimo di 6 a un massimo di 33 centimetri, un livello inferiore del 65% rispetto alle più recenti proiezioni dell’Ipcc”. Si tratta, spiega il ricercatore, “di un’evidente accelerazione, dovuta principalmente al cambiamento climatico causato dall’aumento della concentrazione di CO2 in atmosfera, che negli ultimi quattro anni ha superato in modo stabile il valore di 400 ppm (parti per milione), un livello mai toccato sulla Terra negli ultimi 23 milioni di anni”.

Il team di ricerca ha esaminato 13 siti archeologici sulle coste di Italia, Spagna, Francia, Grecia e Israele, dove venivano estratte le mole olearie, cioè grosse pietre utilizzate per la macinazione delle olive. L’aumento più elevato è stato riscontrato vicino ad Atene, mentre il più basso è stato misurato nell’isola spagnola di Maiorca.

In Italia l’indagine si è concentrata in tre aree del sud – Scario (Salerno), Torre Santa Sabina, vicino Otranto (Lecce) e Punta Penne (Brindisi) – dove il livello del mare si è innalzato di circa 15 centimetri negli ultimi mille anni.

Senza una riduzione globale dei gas a effetto serra, le principali città costiere europee pagheranno un conto salato, secondo un altro studio pubblicato sulla rivista Frontiers. Fra le 19 città esaminate c’è Napoli per cui sono stimati danni annuali per 10 milioni di dollari al 2030, che salgono a 52 nel 2050, a 128 nel 2070 e a 290 milioni a fine secolo.

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