C’e un congresso, un convegno, un documentario, se ne parla per un paio di giorni, e poi tutto finisce nel dimenticatoio, come se il problema fosse risolto. Ma non è affatto risolto: il problema del cosiddetto ‘effetto serra’ è sempre lì, anzi peggiora.
L’effetto serra c’è e cresce inesorabilmente, ogni tanto qualcuno ce lo ricorda. La situazione sta silenziosamente degradando nonostante le promesse dei governi e la crisi economica che perdura.
Tra il 2000 e il 2010 sulla terra la media delle emissioni globali è aumentata di un miliardo di tonnellate all’anno, a un ritmo più veloce dei decenni precedenti, raggiungendo «livelli senza precedenti». È il messaggio lanciato dagli scienziati del Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (Ipcc), riuniti a Berlino per presentare la terza e ultima parte del quinto rapporto sul clima, redatto sotto l’ombrello dell’Onu.
A questo punto gli interventi non possono più essere blandi, non ce n’è più il tempo: bisogna intervenire in maniera drastica. Per tenere il surriscaldamento globale entro i due gradi centigradi dal livello pre-industriale, occorrerà tagliare subito, entro quindici anni, le emissioni di CO2 e gas serra per arrivare a una riduzione tra il 40% e il 70% rispetto al 2010 entro il 2050.
Altrimenti, lo scenario è catastrofico, e non manca più molto alle ipotesi peggiori: la temperatura media del globo terrestre potrebbe crescere tra 3,7 e 4,8 gradi centigradi alla fine del secolo. Le conseguenze? Aumento delle acque, incendi, cicloni, desertificazione, aria irrespirabile.
Alla fine è solo una questione di volontà politica, con nemici di un cambio di passo a livello ambientale che sono tanti. E nonostante gli scienziati si dicano sicuri al 95% che è l’uomo il responsabile dell’effetto serra, c’è sempre chi è pronto, per interesse, a tirare fuori una nuova teoria per rimandare l’abbandono di carbone, petrolio e affini.
Paolo Pradolin
[14/04/2014]
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