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Cronaca di una morte annunciata: le ultime ore dei terroristi in Francia

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I due terroristi noti, i fratelli Chérif e Saïd Kouachi vengono avvistati alle 8 e 30, a Montigny-Sainte-Félicité, nella zona a Nord-est di Parigi dove da 24 ore migliaia di agenti in tenuta d’assalto danno loro la caccia. I due responsabili della strage al Charlie Hebdo fermano un auto, dicono all’automobilista di scendere, si impadroniscono della sua macchina, e ricominciano a fuggire lungo la strada nazionale 2 che collega la campagna alla capitale. Non sono mascherati, il derubato li riconosce e dà l’allarme.

Posti di blocco ovunque, decine e decine di poliziotti. L’auto dei terroristi cambia continuamente direzione, ma ormai è attesa, imbottigliata. Colpi di arma da fuoco: Saïd rimane ferito al collo. Comincia l’inseguimento.

I fratelli Kouachi finiscono nella zona industriale di Dammartin-en-Goële, che si trova a soli 40 chilometri da Parigi.
Alle 9 e 30 si rifugiano in una fabbrica-tipografia, la «Création Tendance Découverte» (CTD). Nel percorso, un uomo si trova faccia a faccia con uno di loro, allora il terrorista si presenta come poliziotto per giustificare il fucile, poi gli chiede di andarsene stringendoli la mano e dicendogli, rassicurante: «Noi non uccidiamo civili».

È l’ennesimo episodio drammatico che sta sconvolgendo la Francia e il mondo in queste ore a sfiorare l’inverosimile.
Un dipendente della tipografia, non visto, riesce a nascondersi tra gli scatoloni. Da lì riesce a mandare sms e avvisa la polizia.
L’uomo nascosto diventerà una risorsa incalcolabile per gli agenti, perchè continuerà ad avvisare di nascosto la polizia su ogni mossa dei terroristi.

Alle 10 una televisione di Parigi cerca lo scoop e chiama la tipografia sperando di trovare un dipendente. Risponde invece Chérif Kouachi. Dice di operare per conto di «Al Qaeda dello Yemen», e spiega la strage di Charlie Hebdo definendo lui e suo fratello «difensori del profeta». Ancora una volta, assicura di non volere uccidere civili. E Charlie Hebdo? «Non erano civili, ma bersagli».

All’esterno, intanto, le forze speciali del GIGN (Groupe d’Intervention de la gendarmerie nationale) si preparano a dare l’assalto.
I gendarmi passano casa per casa ordinando agli abitanti di non uscire, di tenere le persiane chiuse e di restare lontano dalle finestre.
Tutto il mondo è incollato davanti a tv e news.

Intorno alle 13, mentre sembra che quell’incubo stia per finire, ne inizia un altro: a Parigi, nella zona di Vincennes, un uomo armato di fucile d’assalto e kalashnikov fa irruzione sparando in un supermercato kosher (ebraico).

Entra sparando e fa subito quattro vittime, ma la conferma delle uccisioni si avrà solo alla fine, gridando di tenere gli altri come ostaggi.
Quest’altro terrorista si chiama Amedy Coulibaly, 32 anni, nato in Francia come i suoi amici Kouachi, e come loro vecchia conoscenza di tribunali, prigioni e servizi segreti.

Coulibaly è l’uomo armato che la mattina precedente, a Montrouge, ha sparato a sangue freddo alla vigilessa Clarissa Jean-Philippe, 25 anni, che si era avvicinata all’auto…

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