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Cinque Stelle, Cola di Rienzo e Masaniello: una triste commedia all’italiana che si ripete nei secoli

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Crisi economica, pressione fiscale, malgoverno, malessere sociale, ingiustizie (vere o presunte tali). La classe politica è accusata anche di colpe che non ha.

In questo contesto sociale un nuovo caporione popolare con i suoi «seguaci» inizia a contestare il potere. Il consenso presso la mutevole plebe aumenta, grazie alla propaganda che fa leva sovente sugli istinti, sull’ignoranza e sulle passioni popolari. Iniziano le lotte. Infine, il nuovo capo-movimento arriva al potere con un programma ancora confuso, ma comunque sufficientemente preciso per avviare delle riforme che portano a dei benefici concreti per il popolo nel breve periodo. Ben presto, tuttavia, i nuovi caporioni e i loro sostenitori più stretti iniziano ad essere non troppo dissimili dai baroni, dai nobili e dai potentes che contestavano; le loro riforme sono inattuabili nel lungo periodo; il consenso si sfalda. E il popolo stesso da cui sono emersi, alla fine, li fa cadere.

Questa, in estrema sintesi, la parabola ideale di Cola di Rienzo e di Masaniello che rappresentano, anche «geograficamente», l’archetipo politico di molti caporioni dei Cinque Stelle. Uso l’avverbio «geograficamente» siccome la base geografica dei Cinque Stelle è principalmente la stessa di quella di Cola di Rienzo e di Masaniello (ovverosia l’Italia Centro-Meridionale). Il fatto non è casuale. In quelle realtà etnico-culturali, è un fatto innegabile (salvo la più totale ignavia e ipocrisia) che, ieri come oggi, la rete clientelare, la corruzione, il favoritismo, l’assenza di meritocrazia, il «leccaculismo» più in generale, costituiscano la base principale dei rapporti economico-sociali-politici. Non che tali realtà non esistano nel Nord Italia o in Germania, ma il livello e l’estensione non sono nemmeno paragonabili.

La plebe di quelle aree geografiche ama contestare il potere in tempi di difficoltà economica (ora baronale -Cola di Rienzo-, ora straniero -Masaniello-, ora del PD o della Destra -Cinque Stelle-), ma è sempre stata parte di quelle logiche di potere nepotistico, altamente personale, intriso di compromessi; né ha mai contestato realmente per ragioni ideali il potere quando i vertici economico-politici, con i loro meccanismi clientelari, hanno saputo far scendere «le briciole» fino al popolo. I capi in alto riflettono quello che è il popolo in basso.

Dove erano i tanti sostenitori dei Cinque Stelle quando la classe politica della Prima Repubblica «comprava» i loro padri e i loro nonni con le baby pensioni, con lavori superflui nelle Pubbliche Amministrazioni, con sovvenzioni, con elargizioni varie, con gli appalti di opere pubbliche inutili e inventate, con la spartizione di fondi pubblici destinati alle ricostruzioni (si pensi al terremoto dell’Irpinia), generando il deficit spaventoso con cui oggi dobbiamo convivere? Dove erano i sostenitori di Cola di Rienzo quando i baroni romani e il clero cattolico riuscivano ancora, attraverso le loro reti clientelari, a governare la plebe romana? Dove erano i seguaci di Masaniello quando la Corona spagnola era ancora in grado di governare Napoli?

Erano tutti (o quasi tutti), nei secoli passati come nel Novecento, in silenzio a mangiare le briciole che «le Signorie Vostre Illustrissime» lasciavano cadere dai loro tavoli imbanditi.

I Cinque Stelle sono principalmente figli di questa cultura, di questa volontà di contestazione, tutta cafona e tutta all’italiana. Per questo, dopo qualche utile riforma nel nome della Costituzione e della legalità in cui riviverà idealmente il motto di Masaniello «Viva ‘o Rre ‘e Spagna, mora ‘o malgoverno», tutto tornerà come prima e forse peggio di prima.

Questo «concentrato» di rapporti clientelari, già elevato a «Forma di Stato» durante la Prima Repubblica, durante il Fascismo, dopo l’unità d’Italia, durante il Regno Borbonico, durante i vari Regni rinascimentali, medioevali e, prima ancora, durante il periodo tardo-antico è economicamente ingiusto e difficilmente sostenibile. Questo sistema socio-economico si alimenta da millenni attraverso due fonti: manodopera servile e semi-servile (ieri schiavi antichi e servi medioevali; oggi il non figlio di… che fa i lavori sottopagati con l’extracomunitario) e i popoli «stranieri» a cui riesce a «strappare risorse» in nome di ideali politici universali (ieri province romane che fornivano le derrate alimentari; oggi la tassazione proveniente dal Nord Italia).

Questo «concentrato» di rapporti clientelari che ha Roma come suo baricentro ideale e geografico per millenni è vissuto di «miti» quali l’universalità dell’Impero e del Papato, come se i romano-italici che avevano gettato le basi l’Impero (con le loro proverbiali virtù civili e militari) fossero gli stessi di quelli di oggi o come se Cristo potesse essere realmente rappresentato dal Papa (magari Borgia). Oggi il mito dell’unità d’Italia rappresenta, seppure sotto forme moderne, la prosecuzione ideale di tali pretese universalistiche.

Alla luce di queste considerazioni, non dubito che i Cinque Stelle troveranno un compromesso accomodante con il potere come fecero, a suo tempo, Cola di Rienzo e Masaniello. Il tutto sarà ammantato da solenni dichiarazioni in nome della legalità, del diritto, della solidarietà sociale ecc… la cui solidità intellettuale e morale sarà però, nella sostanza, pari a quella dei post di un «bimbominkia» su Facebook.

Noi qui al Nord potremmo diventare le nuove «vacche», meno grasse di un tempo ma comunque sempre da mungere, per finanziare «l’acquisto» del consenso attraverso misure quali il reddito di cittadinanza o le assunzioni nelle pubbliche amministrazioni (strumenti attuali per comprare il consenso) di cui beneficerebbe comunque in misura prevalente la popolazione del Centro-Sud (o più correttamente la parte di popolazione «ammanicata» con la nuova rete clientelare).

Se non nutro alcuna stima per pseudo-riformatori come Cola di Rienzo o Masaniello, guardo con ammirazione quegli uomini come Alarico o Lutero che compresero che Roma (in senso metastorico, politico e ideale) non è riformabile e, pertanto, non scesero a patti o a compromessi con un anziano cadavere che si veste e si ammanta ancora come una giovane donna nel fiore degli anni.

Avv. Gianluca Teat

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