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Che cos’è il calcio? La grande bugia dei dirigenti italiani

La programmazione e la capacità di saper investire in modo ragionato, possono salvare le finanze di molte società e migliorare il livello del campionato italiano

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maradona argentina coppa del mondo

Che cosa è il calcio? È uno sport, è passione, divertimento ma soprattutto business. Il calcio moderno si basa principalmente sui soldi, dal passaggio di Maradona dal Barcellona al Napoli per 13,5 miliardi di lire ai 48 per Ronaldo all’Inter, fino i 120 di Pogba al Manchester United. Più passano gli anni, maggiori sono le necessità economiche per sopravvivere nel mondo del calcio.

Il piccolo imprenditore con la passione del calcio difficilmente riesce a reggere e costruire formazioni davvero competitive; soprattutto senza una vera programmazione. Ne sono un esempio palese le tre squadre in zona retrocessione nella massima serie italiana: Palermo, Crotone e Pescara non hanno mai davvero lottato per la salvezza fino a questo momento. Sfidandosi solo per evitare l’ultimo posto in classifica.

Partendo dalle due neopromosse, la casualità della loro promozione è un male per il calcio. Tocca quasi dare ragione al presidente della Lazio Claudio Lotito, quando si lamentava delle piccole squadre in serie A. Senza un vero piano a lungo termine, si può contare solamente sull’exploit di uno o due anni, poi tutto ritorna alla normalità. Alla giusta dimensione calcistica. Chi ha programmato benissimo in questi anni, sono l’Atalanta, il Chievo, l’Udinese e il Sassuolo.

I Neroazzurri non hanno bisogno di presentazioni, uno dei vivai migliori d’Italia, sforna annualmente i talenti del futuro e quando l’anno è buono, è capace di campionati esaltanti. Innumerevoli i calciatori “sfornati” dalla primavera bergamasca, ultimo quel Gagliardini che passato all’Inter nella sessione di mercato invernale, sta dimostrando di valere la grande squadra.

Passando al “miracolo” Chievo, è ora di ammettere che di miracolo non c’è proprio nulla. I Gialloblù della diga sono figli di una dirigenza illuminata che ha saputo gestire in modo oculato, trasformandosi in una realtà italiana. Negli anni ha creato uno zoccolo duro, un gruppo unito di calciatori fidelizzati che hanno sposato la causa. Ogni anno qualche inserimento ragionato e davvero utile alla causa, niente voli pindarici o investimenti folli. Solo quest’anno c’è stato un vero tentativo di portare Mario Balotelli in riva all’Adige e sarebbe stato divertente.

In fine, Udinese e Sassuolo, due visioni completamente opposte ma ugualmente efficaci. I Pozzo sono una vera e propria industria del calcio con diverse squadre di proprietà e un circuito di osservatori, in giro per il mondo. Negli anni sono arrivate decine di calciatori stranieri e tra questi anche grandi campioni, da Oliver Bierhoff a Marcio Amoroso, fino a Alexis Sanchez. Anni in Europa e campionati di tranquilla salvezza si sono susseguiti dal 1986, anno dell’acquisto di Giampaolo Pozzo da Lamberto Mazza, il presidente di Zico.

Sassuolo sotto la presidenza di Giorgio Squinzi ha pianificato una squadra basata su giovani italiani che negli anni ha scalato i campionati italiani, fino all’Euro League di quest’anno. In questo caso, ai ragazzi della primavera si uniscono grandi investimenti tra i migliori prospetti. Insomma, una “provinciale” atipica data, la grande disponibilità economica del proprietario della Mapei.

Tutti questi esempi per evidenziare che i grandi risultati si ottengono con la calma e con il tempo. Il tutto e subito non funziona mai, nemmeno nelle grandi squadre con grandi capitali a disposizione. La programmazione e la capacità di saper investire in modo ragionato, possono salvare le finanze di molte società e migliorare il livello del campionato italiano.

Non essendoci più grandi capitali, torniamo sempre allo stesso discorso, gli investimenti sui giovani devono essere la priorità. Non è possibile che in Inghilterra un ventenne giochi in Champions League mentre in Italia se va bene, viene fatto maturare nelle serie minori. Perché non ritenuto mai pronto. La grande bugia dei dirigenti italiani.

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