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Italiani, maccheroni. La presa in giro di Charlie Hebdo sul sisma all’italiana

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Italiani, maccheroni. La presa in giro di Charlie Hebdo sul sisma all'italiana
Maccheroni, pomodori al sangue, lasagne, ingredienti di italiani cialtroni, quasi tutti mafiosi, che dovevano aspettarsela, in fondo, di finire sotto le macerie.

Chissà cosa avevano in mente i vignettisti (o il vignettista) di Charlie Hebdo, quando hanno sfogato la loro indignazione e forse la loro vera rabbia, quando hanno agitato la matita, tirandone fuori gli stereotipi e i simboli più scontati, ammuffiti, razzisti in fondo, sugli italiani.

Una matita snob (sine nobilitate – ndr), scomposta e priva di ragionevolezza, forse perché era difficile produrla quella vignetta e a costo di tutto e tutti, volevano essere incisivi, originali, i redattori della famosa rivista francese. Proviamo a capire, nonostante la ripulsa.

Volevano forse dire che il piatto servito agli italiani a base si sisma, è colpa di questa “inconsistenza italiana”, dell’ignavia di chi doveva ricostruire, dell’indifferenza dei politici, dei ladri che hanno approfittato della finta ricostruzione e hanno tradito ricostruendo per modo di dire? Non si è capito, si è colta solo la distanza di chi non li vede quei morti, non lo sente, quel dolore, non ha interesse vero e partecipato per un’Italia ferita.

La seconda vignetta, che pare voglia aggiustare il tiro e spiegarsi, dopo la valanga di critiche alla rivista, che vuole autoassolversi, cambia registro e dice: italiani, non è colpa della rivista, ma della mafia, se vi sono crollate addosso le macerie che vi hanno ammazzato.

Ma guarda un po’!? Dalla luna di un tavolo redazionale parigino, giunge questo avvertimento, per informare chi in queste giornate si sta macerando nel dolore per aver perso tutto, i vignettisti impegnati nell’essere originali, non conoscono i pensieri di chi ha vissuto e vive le conseguenze dei delitti di mafia, non sanno, non hanno interesse al rispetto dei vinti. Insistono, anzi, mentre avrebbero fatto meglio a scusarsi immediatamente e a riconoscere l’errore nella loro l’ambizione satirica.

Uno sghignazzo irriverente quella vignetta che gli autori chiamano libertà d’espressione, penosa e rivelatrice di un modo di considerare la libertà di stampa, libero arbitrio di calpestare il silenzio che abita nei cuori dei terremotati che piangono i loro morti, ai quali è ben difficile strappare un sorriso.

Andreina Corso

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