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Campionesse – Il calcio femminile attraverso gli occhi delle sue grandi donne

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Maglie azzurre, un pallone tra i piedi che gonfia la rete per ben tre volte. “Ce ne andiamo ai mondiali! Ce ne andiamo ai mondiali!” un grido si alza dallo stadio Franchi di Firenze. Ad urlarlo, però, non è la nazionale maschile di calcio, bensì quella femminile che, contro ogni pronostico, riesce a portare a termine un’impresa che sembrava impossibile, quanto sembrava spianata la controparte maschile. Perché è sempre così: l’uomo della nazionale che gioca a calcio è ovvio che ce la fa (e, infatti, abbiamo visto), ma se lo fa la donna; primo è un miracolo, secondo non ci si crede ai propri occhi.

Ed invece, quest’anno, il calcio al femminile è stata la scoperta dell’intero popolo dello stivale, capace di riempire stadi ed emozionarsi per uno scudetto tanto quanto per quelli festeggiati in anni di calcio di Serie A professionistico. Eppure queste ragazze, il cui gioco è poesia e tecnica, sono delle vere eroine, delle pioniere in uno sport che per anni, anzi secoli, è stato solo appannaggio degli uomini.

L’uscita di un libro come Campionesse, edito da Giunti, scritto da Michele Uva (Direttore Generale FIGC e Vicepresidente UEFA) e da Moris Gasparri (studioso e ricercatore in ambito sportivo) oltre a sottolineare l’epoca calcistica in cui stiamo vivendo, diventa di estrema importanza per capire il percorso che ci ha portati fino a qui.
Un libro, questo, avvincente tanto quanto una partita di pallone dove la formazione è composta da 10 straordinarie donne (più un uomo Aulas, un grande presidente che ha fatto la differenza), prima che campionesse, che hanno aperto la strada al calcio femminile di oggi. Da Mia Hamm, signora del calcio americano il primo a capire l’importanza delle “quote rosa” in questo sport, passando per il mito nostrano Carolina Morace, fino ad Alex Morgan e al suo famoso “effect” composto da forza sportiva, bellezza e seguito mediatico. Se ci pensate, queste tre caratteristiche, sono tipiche del calcio maschile. Guardate a Cristiano Ronaldo: bello, forte e con i media e gli sponsor che lo (in)seguono. Immaginare qui in Italia una cosa del genere per le nostre grandi donne può sembrare impossibile, eppure ci stiamo avvicinando, a piccoli passi forse, ma la meta sembra sempre più vicina. Un grande merito va a squadre come alla Juventus che, nei cartelloni pubblicitari a Torino vicino allo store ha messo la foto di un Dybala qualsiasi accanto a Martina Rosucci, solo per fare un esempio o alla Mattel che ha creato la prima Barbie con le sembianze di Sara Gama.

Uva e Gasparri, ci offrono una panoramica su quello che è il calcio femminile, su come venga percepito con una prima parte dedicata interamente alla sua storia, ai primi movimenti in Inghilterra nelle fabbriche fino all’esplosione oltre oceano, una seconda dedicata proprio alle protagoniste e una terza che ci offre, in maniera leggermente più tecnica, cosa rappresenta il calcio femminile attraverso 11 parole, tra cui forse la più importante per il futuro è Millennials.
Sì perché sono loro, i giovani, con i loro like su Instagram, le loro voci gridate sui social a dettare l’andamento delle tendenze e anche della cultura in generale e sono e saranno loro a spingere il calcio femminile verso una nuova era.

Sono proprio poi le piccole pietre, come il libro Campionesse, a pesare come macigni nella costruzione di una cultura, che vada ben oltre l’essere uomo o donna.
E allora, alla fine, capiremo tutti che lo sport è sport, che non ha genere e allora sarà il momento in cui tutti, non solo una parte della popolazione, si emozionerà fino alle lacrime, non più all’ultimo rigore di Grosso contro la Francia, ma a quella magia di Barbara Bonansea che con un tiro di prima taglia fuori la difesa portoghese e ci porta a vivere un sogno, lo stesso di migliaia di ragazzine che ora hanno meno paura di dire “io, sì, gioco a calcio!”.

Sara Prian

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