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Boschi di Mestre chiusi al pubblico e aperti alla caccia: disposizione inquietante

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Gentili signori e signore,
ho appreso dai mezzi di informazione che è stata regolamentata la fruizione al pubblico di alcune aree boschive di Mestre.

Il consiglio di amministrazione dell’Istituzione Bosco e Grandi Parchi ha deliberato che dal 1 Settembre 2015 al 31 Gennaio 2016 alcuni boschi di Mestre (Manente, Zuin, Terronazzo, Praello, Campagnazza, Cucchiaina Sud) siano chiusi alla cittadinanza e aperti a chi pratica la caccia con la seguente motivazione: “Abbiamo deciso così di tutelare l’incolumità pubblica dei visitatori delle aree boscate vietando la fruizione dei boschi durante la stagione venatoria”.

Forse dobbiamo ringraziare le istituzioni per la sensibilità nei confronti dell’incolumità della cittadinanza? Le istituzioni vorrebbero il nostro grazie. D’altra parte, chi si informa costantemente su che cosa stia succedendo in Italia da quando si è aperta la stagione venatori, ha poca voglia di andare a passeggiare nei boschi. Il bilancio è da record, se pensiamo che la caccia è iniziata da poco più di un mese.

In questa stagione venatoria si contano:
PERSONE MORTE: 8 cacciatori, 1 non cacciatore
PERSONE FERITE: 13 cacciatori, 6 non cacciatori
ANIMALI MORTI: 2 cani, 3 gatti
ANIMALI FERITI: 2 cani resteranno paralizzati

Le passeggiate nella natura non sono certamente sicure ma il problema non deve essere risolto a valle, chiudendo i boschi alla cittadinanza, quanto piuttosto a monte, chiudendo i boschi a chi caccia. E non si dovrebbero chiudere loro soltanto i boschi ma l’intero pianeta.

Invece a Mestre si sceglie la via più sbrigativa e conveniente (la lobby della caccia in Veneto è potente).
Sul sito web www.boscoegrandiparchi.it sono consultabili i periodi di apertura e di chiusura dei boschi, in barba alla Legge 157/1992, art. 21 comma 1, che recita: “E’ vietato a chiunque: a) l’esercizio venatorio nei giardini, nei parchi pubblici e privati, nei parchi storici e archeologici e nei terreni adibiti ad attività sportive ….”. Il divieto di caccia esiste già per i boschi Zaher e Campalto, nel dovuto rispetto della suddetta legge.

Dalle ricerche EURISPES, relativamente al 2014, emerge che “…per quanto riguarda la caccia il numero di contrari raggiunge livelli elevati (74,3%)”.
Nonostante ciò, purtroppo la caccia è legale e viene beffardamente decorata di certi aggettivi come sostenibile, ecologica, consapevole. Il linguaggio verbale e visivo che essa usa per autopromuoversi è mistificatorio: le associazioni venatorie si presentano come amiche della natura, animale e vegetale, e usano nei loro nomi termini come tutela, protezione, salvaguardia e via ingannando.

I cacciatori vanno a caccia “per amore della natura e degli animali”, un amore che fa grondare di sangue il paesaggio e fa emergere quel lato sanguinario dell’essere umano che non dovrebbe più appartenere alla società di oggi e che la maggior parte delle persone vorrebbe vedere sparire per sempre.

Nel libro “Divieto di caccia” di Carlo Consiglio, Presidente Onorario della LAC (Lega Abolizione Caccia) nazionale, è esposta una tesi molto interessante che assimila la caccia a una malattia mentale (pagg.67-68, Edizioni Sonda, 2012).
E’ in un paragrafo che riporta le opinioni degli psicanalisti Emilio Servadio e Karl Menninger, della psicologa Carla Corradi, e dell’antropologo Sherwood L. Washburn.

Io non ho le loro competenze quindi mi limito a constatare che la caccia è uno sport, regolarmente finanziato dal CONI, ed è anche un mezzo a disposizione delle istituzioni per attuare i “piani di sterminio” (si chiamano proprio così questi atti amministrativi) di ungulati, volpi, nutrie, volatili…

Tuttavia, chi si avventura a leggere i siti web e le riviste dei cacciatori, trova affermazioni, fotografie, atteggiamenti a dir poco inquietanti come sono inquietanti le disposizione relative ai boschi di Mestre.

Cordiali saluti.

Paola Re

14/10/2015

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