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Ario Gervasutti giornalista del Gazzettino: spari nella notte contro casa sua

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Cinque colpi di pistola contro le finestre di casa, in piena notte. Un attentato in stile mafioso per il giornalista del ‘Gazzettino’ Ario Gervasutti, svegliato con la famiglia da cinque proiettili sparati da poco oltre il cancello della sua casa, a Padova.

Tre dei cinque colpi, indirizzati dal basso verso l’alto, si sono conficcati nella camera da letto del figlio più giovane (uno sull’armadio); gli altri due sul muro esterno dell’abitazione.

Gervasutti, che per 7 anni ha diretto il ‘Giornale di Vicenza’ prima di rientrare nel 2016 al ‘Gazzettino’, nell’ufficio centrale, è incredulo, e dice di non aver mai ricevuto minacce recentemente.

I carabinieri sono alla caccia di un movente. Nessuno è rimasto ferito, ma lo spavento per il cronista e per la sua famiglia è stato forte.

Il fatto è avvenuto poco prima delle 2 della scorsa notte, mentre fuori infuriava un temporale. Buttato giù dal letto dal rumore degli spari, il giornalista si è precipitato nelle camere dei figli, scorgendo il segno delle pallottole sul muro.

L’attentato è stato subito condannato dal vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro dell’Interno Matteo Salvini, il quale ha garantito che sarà fatta chiarezza.
“Un abbraccio al giornalista del Gazzettino Ario Gervasutti, tutta la mia solidarieta’ e l’impegno ad individuare i vigliacchi responsabili dell’infame gesto” ha scritto su Twitter da Mosca.

Espressioni di solidarietà a Gervasutti, oltre che da Fnsi e Sindacato dei Giornalisti, sono arrivate da tutto il mondo politico.

Ferma condanna “per il gravissimo atto intimidatorio” è stata espressa dalla Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, che manifestando vicinanza a Gervasutti, ha auspicato si possa fare “quanto prima piena luce su questo preoccupante episodio”.

Gervasutti è rimasto a lungo nella caserma del comando dei Carabinieri di Padova per fornire ogni elemento utile alle indagini. “Stanno verificando tutto, in ambito professionale, familiare e di vicinato – ha spiegato il caporedattore del Gazzettino – Gli investigatori sono alla ricerca di un motivo per questa intimidazione, che non capisco inoltre a che cosa è finalizzata”.

“Siamo di fronte ad un avvertimento mafioso – ha osservato – e spero ancora che abbiano sbagliato ‘indirizzo’. Di certo con me hanno sbagliato persona, perchè non cambio la mia idea del mestiere di giornalista, che scrive pane al pane, e vino al vino”.

Preoccupa poi la convinzione che si tratti dell’opera di un professionista, “perchè 5 colpi sparati da 20 metri, sotto il diluvio di pioggia, tutti finiti nel raggio di un metro, vicino la finestra della camera da letto non sono azione di un balordo”.

Sul movente, e l’eventuale collegamento con l’attività professionale della vittima, le piste rimangono aperte. “In realtà – spiega Gervasutti – al giornale svolgo un ruolo di ‘macchina’, interno, ora scrivo molto poco, eccetto qualche editoriale di carattere politico-economico, non mi sono mai occupato di inchieste di mafia o criminalità organizzata. Certo mi è capitato di firmare corsivi sui grandi fatti d’attualità, come la Popolare di Vicenza, o la cellula terroristica kosovara scoperta a Venezia. Ma voglio pensare che non sia il mio lavoro il motivo di questo attentato”.

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  1. IPOTESI ASSURDA

    …… e se l’incognito sparatore di cinque colpi in movimento, a piedi, di calibro 7.65, il lunedì mattino del 16 luglio 2018 contro la finestra aperta e persiana chiusa del figlio minore maggiorenne di venti anni, matricola universitaria, del figlio d’arte e caporedattore di Il Gazzettino, Ario Gervasutti fosse il famoso Unabomber, uccel di bosco, che fabbricava microbombette nei posti più impensabili, sceso dalla montagna, ove vive, da lupo solitario inavvicinabile, che, stufo di essere in sonno dal maggio 2006, in cui confezionò una bombetta in bottiglia e la abbandonò nel corso d’acqua del fiume Limene, da dove giunse sulla spiaggia del faro di Caorle e fu aperta da n incolpevole infermiere, che voleva leggere il messaggio in bottiglia e, poi, si fosse dileguato, ritornando in montagna, ove vive da lupo solitario bombarolo, che sa anche sparare con la sinistra, da mancino, qual è, come ha fatto nel fatto di cronaca in questione;
    non ci sarebbe da allarmarsi più di tanto per il metodo mafioso adoperato.
    Se così fosse, bene avrebbe fatto il Vicepremier, che studia per diventare Premier, Matteo Salvini ad apostrofarlo con “ E, se qualche cretino….” con quello che segue, sacrosanto, “sulla libertà di stampa”.
    Per il colmo dell’assurdità, il Vicepremier, che studia per diventare Premier, Matteo Salvini avrebbe centrato il movente, che avrebbe spinto Unabomber a scendere a Padova in via Chiesanuova, per dimostrare a tutti che lui sa anche sparare, oltre che confezionare bombette micidiali e lo avrebbe fatto per vendicarsi di essere stato definito un “mona” ( traduzione in veneziano di cretino italiano ) dal babbo di Ario, che si chiamava Sergio, allorché Il Gazzettino era di proprietà degli industriali veneti.
    Anche Beppe Grillo, che si è ritirato a vita privata in Sardegna a godersi i bagni estivi in mare pulito , al cento per cento, è d’accordo con Matteo Salvini e rivolgendosi, esclusivamente agli italiani maschi, non si stanca di invitare ad andare in “mona”, che, in friuliano stretto triestino, significa “figa” e non “fico”
    In sintesi: se così fosse, Ario Gervasutti potrebbe andare in vacanza tranquillamente nella sua casetta in Calabria e lasciare solo a Padova il figlio maggior, che dato l’ultimo esame, potrà laurearsi in Giurisprudenza con una tesi sull’Unabomber del Nordest, che non può essere imprigionato perché soffre di claustrofobia e non può stare in ambienti chiusi, né tanto meno essere rinchiuso in cella di isolamento nel carcere di massima sicurezza dei Due Palazzi, a Padova.

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