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Architetto padovano paralizzato, a giudizio i medici che lo hanno curato

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Architetto padovano paralizzato, a giudizio i medici che lo hanno curato

Quando una diagnosi precoce avrebbe potuto risparmiare lesioni gravissime alla vita di un uomo, quando quella diagnosi arriva tardivamente e costringe all’immobilità totale lo stesso uomo, non resta che affidarsi alla Procura e accertare le responsabilità su quanto è accaduto.

Il fatto risale all’estate del 2013, M.Z, un architetto padovano di 64 anni, sta trascorrendo le vacanze a Jesolo con la moglie, quando si sente male e da quel momento in poi, tanti sono i travagli che lo conducono all’epilogo della disabilità, troppe appaiono le diagnosi improprie che hanno impedito gli accertamenti utili al riconoscimento della lesione neurologica in atto.

In sala operatoria dell’Ospedale all’Angelo di Mestre, l’architetto arriva dopo sedici ore dal primo accesso ospedaliero al Pronto Soccorso di Jesolo, per poi rivolgersi al Pronto Soccorso di San Donà, pare senza ricevere le dovute cure.

I medici di quegli ospedali del Veneto orientale, F.d.F, L.G. e F.B. sono stati tutti rinviati a giudizio con l’accusa di lesioni colpose gravissime: M.Z. a causa di quel danno al midollo spinale, non muove più le braccia, necessita di assistenza giorno e notte a causa di quella diagnosi mancata.
Da quel giorno ha dovuto sostenere spese enormi per le cure fisioterapiche e i farmaci, e si può immaginare quanto sia cambiata la qualità della sua vita.

L’avvocato del professionista padovano, Carlo Bermone, ha chiesto un risarcimento danni di 5 milioni di euro e nel contempo il Pubblico Ministero Walter Ignazito ha affidato una consulenza tecnica al prof. Carlo Moreschi dell’Università di Udine, al fine di valutare le responsabilità dei medici e del loro operato rispetto agli avvenimenti.

Dovranno accertare, i membri della commissione, le eventuali sottovalutazioni e l’intempestività delle cure, il mancato trasferimento del paziente in un presidio dotato di rianimazione neurochirurgica. Le sedici ore trascorse, dal momento del sintomo, sembrano essere la causa del danno e sarà il processo del 30 gennaio presieduto dalla giudice Sara Natto, a ripercorrere “quel tempo” della speranza che si è concluso tragicamente e a rilevare il perché non si sia potuto evitare.

Andreina Corso

21/11/2016

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