Perchè queste riflessioni a Mostra conclusa ?
La ragione è semplice, volevo decantare tutte le emozioni ( positive e negative ) che la visita all’Arsenale e ai Giardini mi avevano procurato nell’approcciarmi ad un coacervo apparentemente infinito di “ opere “ orgogliosamente definite d’Arte.
Una cosa salta all’occhio immediatamente: lo sforzo immane dell’organizzazione per dare vita ad un evento, ormai caratterizzato dalla presenza di operatori provenienti da tutto il mondo, del quale si può solamente immaginare la fatica psico-fisica.
Metto subito in chiaro che non è mia intenzione analizzare e “ criticare “, nelle poche righe a disposizione, l’afflato artistico della BIENNALE in toto ma, più semplicemente, dare parola alle sensazioni provate via, via passando da un Padiglione all’altro, così come transitando da una sala all’altra nello spazio dell’Arsenale ( la cui maestosità ancora oggi emoziona e commuove per l’imponenza ed il ricordo di ciò che in quei spazi è avvenuto nel corso dei secoli della Serenissima ).
Ma restiamo all’oggi e l’oggi ci dice che dobbiamo parlare d’Arte contemporanea, del lavoro di Artisti più o meno giovani che vedono nel quotidiano l’unica fonte a cui abbeverarsi per poter dar vita a lavori che hanno tutti un comun denominatore: Il Concetto.
Con questo sostantivo si cerca di spiegare tutto, il bello ed il brutto; il quotidiano e la storia, la vita e la morte, insomma proprio tutto e, di conseguenza, tutto cerca di ottenere nazionalità nella patria dell’arte. Ma ciò risulta profondamente estraneo alla concezione che, personalmente, ho dell’Arte, di quella operazione psico fisica che porta un Artista a concepire un’idea per poi trasformarla con determinati interventi “manuali” in una finalizzazione che la renda “gradevole” a chi di tale opera ne dovrà fruire per incamerare sensazioni ed emozioni.
E dei manufatti visti alla Biennale non si può, purtroppo, affermare quanti abbiano