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Il mio gatto Piero. Di Cesare Colonnese

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i loro figlioli. Poi capii col tempo che soldi per sterilizzare i gatti non ve ne erano, che le gattare non prendevano denaro da nessuno e che veterinari che avrebbero sterilizzato gatti gratuitamente ve ne erano men che meno.
Insomma,il comportamento balordo di quella gattara che tanto mi aveva impressionato, altro non era che un controllo un po’ tardivo e ignorante delle nascite di gatti in citta’.

Ma Venezia amava profondamente i suoi gatti. Gli abitanti di questa citta’ magica adagiata in mezzo alla laguna avevano quasi sempre un gatto in casa, qualche volta anche due.
Io stesso, a parte questa fase della mia vita, ho sempre avuto un gatto vicino a me. Il gatto e’ un animale calmo, trasmette pace, silenzio. Ti viene vicino e si adagia vicino a te, spesso su di te infondendoti serenita’. Le sue fusa fan dimenticare problemi, dissapori, malinconie, fanno addormentare. Addormentarsi vicini a un gatto ci fa tornare bambini.

Si chiamava Piero il mio bel gattone in bianco e nero. Muso dolce, sguardo penetrante. Piero mi aspettava sulla soglia di casa quando la sera rincasavo in ritardo e quasi in una sorta di rimprovero, appena entravo si dirigeva lamentandosi a coda alta verso la cucina.
Avevo poca esperienza di gatti a quel tempo. Imparai le cose essenziali da una mia cara amica che mi consiglio’ bene di sterilizzare il gatto per evitare di doverlo riconcorrere per campo Santo Stefano. Era un gatto pulitissimo, i suoi sassetti profumavano sempre, come se lui si pulisse la cassetta da solo ogni giorno. Invece ero io a cambiare i suoi sassetti e tutto ando’ bene fino al giorno che…. in cucina mi accorsi che il lavadino non scaricava piu’.

Pensai si fosse otturato qualcosa e mi procurai una ventosa. Piu’ provavo a disintasare, piu’ nel bagno adiacente si sentivano i tubi vociferare e gorgheggiare. Quasi fosse tutto ostruito, non solo il lavandino della cucina.
Finì che dovetti far rompere mezza calle perche’vi era un’ostruzione che dal bagno proseguiva fino alla strada. Erano i sassetti del gatto, che io ingenuamente gettavo giu’ con la convinzione che il canale li portasse via con se’. Infatti li porto’ via. Tutti in calle. Un blocco di cemento che ostruì i bagni di tutti i palazzi adiacenti. Avevo vent’anni, giustificatemi.

Arrivo’ Natale ed io pensai di fare per la prima volta un minuzioso presepio in un angolo inusufruito della saletta da pranzo. Potrei metterci le montagne qui pensai, un bel cielo che si illumina a giorno, le stelle di notte, il laghetto di acqua vera, i Re Magi, e la capanna ben incastrata sotto i monti, una grotta, La Madonna e San Giuseppe e poi finalmente Gesu’bambino.
Fu’ un lavoraccio minuzioso e certosino che richiedette tempo e anche abbastanza costoso. Ci lavoravo la sera, quando finito di lavorare creavo i primi paesaggi e dipingevo le casette costruite meticolosamente da me.
Piero pareva indifferente a tutto questo. Guardava si, ma con aria di sufficenza, non sembrava assolutamente coinvolto e se ne stava in divano con la panza piena a leccarsi i baffi.

Cambiai presto idea. La sera in cui ultimai il presepio ne fui orgoglioso. Luci meravigliose riflettevano le ombre delle casette nella notte e un carillon suonava una melodia che mi faceva sentire davvero che di li a poco sarebbe arrivato Natale.
Il giorno dopo, approfittando della mia assenza mattutina, Piero penso’ di prendere confidenza con la mia costruzione.
Quel giorno stranamente al mio rincasare Piero non era dietro la porta. Mi parve subito strano perche’ lui era un gatto metodico.
Lo chiamai, ma nel silenzio non sentii nemmeno un suo miagolio di saluto. Accesi le luci, tutte le luci della casa, aprii le finestre, niente.
Piero, Piero! Nemmeno sotto il letto c’e’, nemmeno dentro l’armadio.

A un certo punto, sentii il suono soffocato di un carrilon. Un carrilon che emetteva una nota unica e strozzata. Alzai gli occhi e guardando il presepio vidi che tutto era stato distrutto. Case, lago, grotta, Re Magi, montagne. Gesu bambino era finito nel lago. Le casette crollate. Un terremoto. Tutto distrutto.
E Piero disteso nella capanna al centro si leccava le zampe guardandomi.
“Ma che bel Gesu bambino” dissi sorridendo e promisi di non arrabbiarmi. L’anno dopo optai per un albero di Natale. Duro’ molto. 3 giorni.

Quando tornai a casa una sera, Piero era di nuovo scomparso. Pensai subito di accendere le luci dell’albero. Due grandi occhi fuoriuscivano dal pino ormai quasi del tutto spezzato. Non contento, in pochi minuti fece cadere l’albero di Natale distruggendo completamente ogni pallina di vetro e fu cosi che decisi che il mio albero di Natale sarebbe stato solo un pino innevato e che il mio presepio sarebbe stata una grande grotta illuminata, con una stella cometa fissata bene e Piero disteso a sua discrezione al centro della capanna a mo di statuetta. E fu’ proprio cosi.
Nel giro di due giorni la grotta divenne la sua residenza e Piero divenne il simbolo del Natale.

Un calderino a tutti

Dal Vs.Cesare Colonnese

cesare colonnese columnist

 

 

 

 

 


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