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Ivan Lendl, la leggenda

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TENNIS | Ha vinto tornei, prove del Grande Slam e stabilito record, alcuni dei quali ancora imbattuti. Fu il primo grande tennista a dimostrare che con il duro lavoro si poteva andare oltre i propri limiti, diventando campioni e superando i migliori al mondo. E lui, Ivan Lendl, classe 1960 originario di Ostrava (ex-Cecoslovacchia), è stato capace di tutto questo. Oggi il tennista ceco naturalizzato americano spegne 52 candeline. Dopo anni lontano dal circuito, ha di recente fatto il suo grande ritorno. Iniziando ad allenare lo scozzese Andy Murray, e tornando a sfoggiare il suo tennis potente sui campi del Champions Tour. Mostrando ancora una volta di che pasta è fatto Ivan Il Terribile. Dritto potente e preciso. Passante (fulminante) incrociato e lungolinea. Solidità  nel servizio e rovescio. Debole nel gioco al volo. Un professionista sotto ogni punto di vista, atletico e mentale. Ha vinto 94 tornei ATP (secondo solo ai 109 di Jimmy Connors), dei quali otto prove del Grande Slam: tre volte il Roland Garros (‘84, ‘86-87) e US Open (‘85-87), due volte gli Australian Open (’89-90). Tra le sue imprese leggendarie, la conquista per quattordici anni consecutivi (1980-93) di almeno un torneo ATP e l’essere arrivato in finale per nove volte di fila (1980-88) al Masters di New York, vincendone cinque edizioni. Nel 1980 si aggiudicò anche la Coppa Davis con l’allora Cecoslovacchia, superando in finale a Praga l’Italia per 4-1, dove piegò in rimonta Corrado Barazzutti (attuale tecnico della squadra azzurra maschile e femminile) prima, e in coppia con Tomas Smid poi il duo Bertolucci/Panatta, mettendo così le mani sulla celebre “insalatiera”.

Quando dici Ivan Lendl, pensi subito a John McEnroe. La loro rivalità  è stata leggendaria. Ma non ai livelli politically correct dei due gentleman Roger Federer e Rafael Nadal, capaci talvolta di reciproci complimenti da far quasi invidia agli innamorati. Assolutamente no. Quando s’incrociavano, Lendl e McEnroe facevano scintille. Non era solo una sfida. Non erano amici. A guardarli bene, al termine di uno dei loro tanti match, perfino la stretta di mano se la davano controvoglia. Lendl e McEnroe era uno scontro tra due modi di intendere il tennis. Fisico, potenza e fondocampo il primo. Istinto, genio e rete il secondo. Ivan Lendl, il campione lavoratore dell’est. John McEnroe, yankee dal tocco inimitabile. Si sono incontrati 36 volte, e di queste ventuno ha prevalso Lendl. La più memorabile resterà  sempre e comunque la finale di Parigi 1984. Ivan era ancora a secco di prove del Grande Slam, e cosa assai peggiore, aveva già  disputato quattro finali tutte perdute. McEnroe al contrario, all’epoca numero 1 del mondo, aveva nel suo carnet già  tre affermazioni agli US Open e due a Wimbledon. Il gioco che il mancino americano mise in mostra nei primi due set fu da antologia. Il miglior serve & volley sulla terra battuta di sempre. Fu lì che la carriera di Lendl svoltò. Il solido tennista cecoslovacco non si fece intimidire dal pesante passivo (36 26) e dallo strapotere del suo avversario, e rimontò. 64 75 e i giochi tornarono in parità , e quinto set terminato 75 con break decisivo in cui sparò autentici missili da tutte le parti del campo.

Capitolo Wimbledon. È stata la sua dannazione. Ci ha provato in mille modi a vincerlo. Si è fatto allenare dallo specialista Tony Roche. Ha raggiunto cinque volte la semifinale (83-84, 88-90) e due volte la finale (86-87), ma ogni volta ha sempre incontrato i migliori specialisti dell’erba. Nelle prime due semifinali s’inchinò a John McEnroe e Jimmy Connors. Nelle successive finali non riuscì a vincere nemmeno un set contro il tedesco Boris Becker prima e l’australiano Pat Cash poi. Nel biennio a venire fu sempre Becker a sbarrargli la strada nel penultimo atto dei Championships inglesi, per poi arrivare alla stagione 1990 dove rinunciò perfino a partecipare al Roland Garros pur di prepararsi al meglio ai prati londinesi. Ma anche allora gli andò male, e venne spazzato via dalla classe sopraffina dello svedese Stefan Edberg in tre set, che non solo avrebbe conquistato il titolo, ma sarebbe anche diventato il nuovo numero 1 del tennis mondiale.

I suoi ultimi acuti di un certo valore in un torneo del Grande Slam furono la semifinale e i quarti raggiunti agli US Open 91-92, e in entrambe le volte si è dovuto inchinare al futuro vincitore del torneo, Stefan Edberg. Gli ultimi successi in singolare arrivarono nel 1993, dove Lendl s’impose sulla terra battuta di Monaco, superando in finale il campione tedesco di Wimbledon ’91, Michael Stich, e sul sintetico indoor di Tokyo dove piegò l’americano Todd Martin. Ritiratosi a fine stagione ’94, Lendl si dedicò all’altra sua altra grande passione, il golf. Rimasto lontano dal mondo della racchetta, a inizio 2012 il suo improvviso ritorno. All’angolo di Andy Murray. Un grande giocatore che come l’allora 24enne Lendl, ha collezionato finali del Grande Slam (tre) senza mai vincerne una. Toccherà  a Ivan il Terribile dunque indicargli la retta via e far capire ai già  affermati Federer, Nadal e Djokovic, che Murray è pronto per mettere in riga tutti gli avversari. Come d’altronde seppe fare Lui nel corso della sua straordinaria carriera.

[07/03/2012]

Luca Ferrari, giornalista/fotoreporter
ferrariluca@hotmail.it

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tags: Ivan Lendl, tennis, Grande Slam, Wimbledon, Luca Ferrari

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